mercoledì 4 settembre 2013

Il costo di un anno sabbatico in giro per il mondo

NOTA: Il 16 e il 19 agosto, su Rai Radio Tre, sono andati in onda i nostri racconti. Per riascoltarli o scaricare i podcast si vada a questo post:
http://ruggerodaros.blogspot.it/2013/08/paola-e-ruggero-alla-radio.html 
 
Il nostro viaggio. La linea continua è il percorso fatto via terra.

Da quando siamo partiti a quando siamo tornati abbiamo speso 10.000 € a testa.

Esclusi i voli sono in media 23 € a testa al giorno.

Chilometri percorsi in moto: 5.000, in camper: 5.500, in autostop: 2.000, in nave: 4.000.

In totale, via terra e via mare: 55.000 km

Paesi visitati: 18

Voli aerei: 10 (di cui uno volutamente perso)

Alberghi, camere o guesthouse cambiati: 120

Notti in nave: 8, in treno: 15, in bus: 24

Pacchi postali spediti a casa: 3

Post scritti sul blog: 280

Visite al nostro blog in un anno: 60.000

Problemi di salute Paola: infezione cutanea in Indonesia

Problemi di salute Ruggero: dissenteria in Birmania e rottura della retina in Indonesia

Soldi spesi per “riparare” la retina: 250 € (comprese 7 viste mediche di cui 2 a Gerusalemme, un’operazione laser, una tomografia O.C.T. all’occhio, colliri vari, ecc.)

Soldi rimborsati dall’assicurazione: 0 (la rottura della retina è stata considerata una conseguenza di una patologia preesistente, la miopia!)

Numero di volte in cui ci siamo sentiti in pericolo: 0.

Numero di furti: 0 (sono spariti dallo zaino un paio di sandali e delle maglie, forse dimenticati).

Guide: troppe (si veda le foto del post precedente), ma necessarie. Alcune portate da casa e altre comprate per strada. Molte volte abbiamo comprato i capitoli in pdf dal sito della Lonely Planet Italia per 3,9 € ciascuno e poi letti sul kindle o sul computer, ma avere una guida cartacea è senza dubbio più comodo.

Carte di credito e denaro: avevamo in totale due bancomat abilitati per il circuito internazionale Cirrus e due carte di credito classiche, più una prepagata Poste Pay per i piccoli acquisti in internet, come le guide pdf che abbiamo descritto precedentemente. Le carte di credito classiche le abbiamo utilizzate solo per l’acquisto dei voli online, mentre per il prelievo di denaro abbiamo sempre utilizzato il bancomat che permette di prelevare fino ad un massimo di 250 € al giorno in valuta locale, pagando una commissione alla nostra banca di soli 2,5 € a prelievo. Gli unici stati in cui non è possibile prelevare sono: Iran, Turkmenistan e Birmania. Abbiamo sempre tenuto 600$ e 400€ (in totale) nascosti nella cintura dei pantaloni per le emergenze. I dollari sono accettati meglio degli euro, ovunque.

In viaggio è meglio computer, kindle, tablet o smartphone? Dipende chiaramente da quello che si deve fare. Per scrivere lunghi testi, per salvare e immagazzinare tante foto e video, ci vuole sicuramente un piccolo pc portatile da 10”, magari con una batteria da 6 celle che dura fino ad 8 ore. Per scrivere e leggere durane i lunghi trasferimenti in bus sarebbe più comodo un tablet. Per leggere l’ideale è un kindle, ma serve solo a quello. Lo smartphone è da portare sicuramente: è leggero e in caso di acquisto di una SIM locale con traffico internet si può usare anche da hotspot o da ruter per potersi collegare con il portatile, per fare questo basta abilitare la funzione Tethering su Android o una funzione equivalente su IOS. Il wi-fi all’estero è molto diffuso.

ZAINI:
Due a testa: uno piccolo davanti da 3kg e uno dietro, più grande, da 11kg.

Peso totale alla partenza: 13 kg, al ritorno 15 kg (a testa).

Sarebbe meglio avere una decina di kg in totale, in modo da poter camminare anche per lunghe distanze con gli zaini sulle spalle. Lo abbiamo fatto lo stesso, ma i 5 kg in più si sentono.

Cosa abbiamo portato nello zaino: computer da 10” (due, uno a testa), una macchina fotografica reflex e una digitale con zoom 12x, un lettore Kindle, un lettore mp3, due telefoni cellulari da usare con le SIM comprate sul posto, una bacinella gonfiabile per il bucato, spago da cucina per stendere la biancheria in camera e relative mollette, zanzariera (quasi mai usata), due paia di ciabatte per la doccia (niente phon: pesa e non serve), un paio di sandali e un paio di scarpe da ginnastica a testa, un paio di pantaloni leggeri corti e lunghi a testa, una calzamaglia di pile da mettere sotto i pantaloni leggeri per affrontare il freddo delle montagne; una maglia leggera e una più pesante di pile; due paia di calzini, tre paia di mutande e tre magliette a testa. Ogni sera si gonfiava la bacinella, si lavavano le magliette più altre cose e la mattina erano già asciutte e pulite.

Inutile portarsi peso, si può comprare qualsiasi cosa per strada: nello Yunnan abbiamo acquistato due giacche a vento al costo di 5 euro ciascuna e in India dei pantaloni lunghi per 2 euro.

Niente sacco a pelo, troppo ingombrante e scomodo. Abbiamo portato invece un lenzuolo leggero da usare sui letti non proprio puliti e, nelle zone fredde, delle coperte in pile comprate per strada. Come asciugamani avevamo quattro leggerissimi quadrati di cotone, simili a quelli che usano le suore di Madre Teresa per l’abito, si asciugano nel giro di poche ore. 



lunedì 2 settembre 2013

Un anno in viaggio: un primo pensiero

E’ passato un anno da quando siamo partiti da Venezia con il traghetto della Anek Line diretti in Grecia, verso oriente. E in oriente ci siamo arrivati via terra, metro dopo metro, chilometro dopo chilometro, giorno dopo giorno, attraversando terre piene di fascino e mistero, come se nulla fosse cambiato da quel tempo lontano in cui un giovane mercante, tornando dal suo lungo viaggio, raccontò di posti fantastici, quasi surreali.

Nell’era della globalizzazione e di internet sembra che tutto sia noto, che la conoscenza sia a portata di click e che non occorra visitare un paese per conoscerlo. Non è così. Sappiamo solo quello che ci viene raccontato, quello che viene reinterpretato con occhi occidentali e per gli occhi occidentali. Il mondo è complesso nella sua globalità, semplice nella sua umanità. Viaggiare via terra diventa così un viaggio di consapevolezza.

Una consapevolezza che deriva da intere giornate passate su dei bus o sulle ruote cigolanti di un treno, piuttosto che su un carro di fortuna trainato da buoi. Oppure dal coraggio di fare l’autostop, finendo nel cassone di un camion con un’intera famiglia sorridente, contenta di averti come ospite.

Si parlano lingue diverse ma le curiosità sono le stesse. Si comunica allora con le mani, oppure con disegni tracciati su di un foglio di carta. Pur esprimendosi ognuno nella propria lingua si conosce molto dell’altro: dove vive, dove lavora, quanti anni ha, quanti figli ha. Incontri gente semplice che vuole portarti nel suo mondo, dirti che è uguale al tuo, che i confini sono solo un’invenzione dei potenti, mentre non esistono per le persone comuni. Ci sono solo tante belle diversità che arricchiscono e non dividono.

Ed è proprio alle frontiere che vedi i comportamenti più strani. C’è quello che ti misura la febbre, quello che ti fa spogliare, quello che ti chiede il nome mentre lo sta leggendo sul tuo passaporto, oppure quello che sparisce e ti lascia ad aspettare delle ore, senza farti capire che non si è dimenticato di te. La paura è sempre la stessa: beccare il funzionario di turno che trova degli errori nel tuo visto facendoti rimanere nella “terra di nessuno”, tra la dogana che ti ha espulso e quella che non vuole farti entrare.

Anche la richiesta del visto richiede pazienza, a cominciare dalle ambasciate dove l’atmosfera è spesso kafkiana: orari mai certi, tempi di risposta lunghissimi e sportelli grandi come la Bocca della Verità: ci metti il passaporto e non sai se lo rivedrai più. Solo quando trovi il tuo visto ben stampato ti senti nuovamente un uomo libero.

Viaggiare via terra richiede anche la consapevolezza del cibo: pranzi dimenticati, oppure a base di pane e banane, colazioni inesistenti e angurie mangiate sui marciapiedi; insetti al posto della carne e mosche come condimento. Nulla è certo quando cammini per il mondo, eppure nulla ti manca.

La cosa più difficile in un viaggio così lungo rimane comunque la partenza. Tutto rema contro. Quando stai per partire le persone non ti aiutano di certo: “Ma vi sembra il momento di partire? Siete troppo magri. Siete troppo grassi. Troppo giovani. Troppo vecchi. Rischiate di perdere il lavoro. E la pensione?” C’è voluto del tempo per liberarsi da questi timori, per capire che la partenza ti arricchisce, ti proietta nella scoperta, ti cambia dentro.   

Anche l’età ha il suo peso in un viaggio. Quando sei giovane e hai visto poco del mondo ogni passo è una scoperta, la sorpresa ha un’unica direzione, quella che dall’esterno arriva all’interno e il tuo andare assume talvolta la forza di un’impresa. Ma a cinquant’anni il rapporto con la novità è diverso, coinvolge tutto il tuo io e ti porta soprattutto a viaggiare dentro. Il mosaico, l’arabesco, la scultura, perdono il loro nome, il significato storico ed entrano in te attraverso una dimensione diversa, come se la tua anima comunicasse con l’arte e tu fossi lì ad ascoltarli.  

Dopo un anno ti senti uguale e ti senti diverso. Ti sei abituato a viaggiare e in qualche modo il viaggio è diventato la tua vita. La “tua casa” pesa solo 15 kg e puoi crearla ovunque: in una camera d’albergo, nello scompartimento di un treno, sul ponte di una nave o sul sedile di una corriera. Spazi che sembrano apparentemente piccoli, ma diventano enormi se pensi che la casa di un viaggiatore è il mondo intero. 

Le nostre guide a Varanasi (India) prima di spedirle in Italia. Si notino le copertine det Tibet e dell'Iran tolte per attraversare alcuni confini con più tranquillità.