domenica 9 giugno 2013

Gli ultraortodossi e il Muro del Pianto

[Gerusalemme]  Passeggiando lungo le vie che dalla porta di Damasco portano al Muro del Pianto si notano a tutte le ore del giorno delle figure vestite di nero che camminano in fretta. Si notano soprattutto perché hanno un impermeabile pesante, oppure un cappotto, e talvolta un voluminoso cappello in pelliccia, con temperature decisamente estive. Molti hanno anche delle basette arrotolate,lunghe una trentina di centimetri, che si toccano con le mani mentre avanzano a testa bassa.

Ci viene spontaneo seguirli, anche se non è facile visto che camminano proprio veloci. Passano lungo la via Dolorosa, poi entrano in un tunnel coperto che immette sull’enorme piazza che si affaccia sul Muro del Pianto. Prima dell’ingresso c’è un check point dove loro passano indisturbati, mentre noi veniamo controllati come all’aeroporto: gli zaini passano dentro i raggi x, mentre per noi c’è il metal detector. Il Muro del Pianto è il luogo più sacro al mondo per gli ebrei e c’è una forte paura di attentati. Il tunnel si affaccia su un’enorme piazza vuota e completamente assolata.

Una guida sta spiegando ad un gruppo di turisti che fino al 1967 qui c’èra un quartiere arabo abitato da un migliaio di persone. Nella Guerra dei Sei Giorni la città venne occupata dall’esercito israeliano il quale ordinò agli abitanti di questo quartiere di lasciare le loro case solo per una notte, in modo da poterle perquisirle. L’indomani tonarono e trovarono il quartiere completamente raso al suolo. Prima gli ebrei avevano solo uno stretto vicolo per poter pregare di fronte al muro, ora hanno un’enorme piazza.

Il muro è sacro agli ebrei perché si suppone sia l’unica parte rimasta del Secondo Tempio distrutto nel 70 d.C.; secondo i testi rabbinici queste pietre non vengono mai abbandonate dalla presenza divina. L’area di fronte al Muro, almeno un terzo della piazza, è in realtà un’enorme moschea a cielo aperto divisa in due parti, una per le donne ed una più grande per gli uomini. Quando si entra in quest’area bisogna essere vestiti in modo decoroso e gli uomini devono indossare la kippah, un piccolo copricapo circolare, disponibile all’ingresso per chi ne fosse sprovvisto.

In questa zona si riuniscono gli ebrei ortodossi e ultraortodossi vestiti di nero (prevalentemente chassidim e ashkenaziti) che pregano oscillando avanti e indietro sui talloni e muovendo la testa a scatti, ogni tanto interrompono la preghiera per avvicinarsi al Muro e baciarne le pietre. Il nero indica assenza di colore e questo significa distanza dalla vacuità della moda e delle cose terrene, per meglio concentrarsi sulle preghiere.

Gli ultraortodossi non indossano la semplice kippah ma un cappello a falda larga, oppure lo strèmel, un copricapo circolare fatto di coda di volpe. Ai bambini non vengono mai tagliati i capelli fino a tre anni, mentre gli adulti si lasciano crescere i peot (riccioli laterali) perché così è scritto nel Talmud. Gli ebrei ashkenaziti indossano anche una specie di cintura dalla quale scendono delle cordicelle bianche che servono a separare la parte superiore del corpo ritenuta pura dalla parte impura sottostante. Talvolta durante la preghiera portano sul braccio, o sulla fronte, il tefillin, un piccolo astuccio quadrato di cuoio nero ricavato da un animale kosher (puro) allacciato con piccole cinghie, contenenti rotoli di pergamena ognuno dei quali riporta quattro brani della Torah.

L’abbigliamento delle donne non è da meno, si vestono veramente come “una volta” con gonne fin sotto al ginocchio, camicette con maniche lunghe e senza scolatura. Sulla testa portano un fazzoletto che copre i capelli o la parrucca di quelle che si radono a zero per umiltà di fronte a Dio. Il colore del loro abbigliamento non è necessariamente nero, può essere grigio e in parte bianco, ma comunque privo  di colore. Normalmente si vedono con carrozzelle e molti figli al seguito, fino ad una decina.

L’abbigliamento descritto sopra è quello tipico del 1800 degli ebrei provenienti dai paesi del nord d’Europa come Polonia e Russia. La maggioranza degli ebrei israeliani sono originari proprio da questi paesi, tanto che il russo è la lingua più parlata in Israele dopo l’ebraico e molti cartelli stradali di Gerusalemme sono scritti anche in questa lingua. E’ chiaro che i riti e l’abbigliamento tradizionale degli ebrei israeliani sono stati fortemente influenzati da queste culture.

Tutta questa coreografia sarebbe pure divertente se non avesse un aspetto decisamente negativo: gli ebrei ultraortodossi ritengono che tutta la terra di Palestina debba appartenere allo stato di Israele e, malgrado siano una minoranza della popolazione, influenzano la politica in tal senso. I coloni che si impossessano di terre palestinesi per fondarne delle colonie sono quasi sempre ebrei ultraortodossi.

Questa sera ci spostiamo a Betlemme. 

Durante la preghiera si indossa il tefillin che contiene brani della Torah
 Il Muro del Pianto sotto la spianata delle moschee
Gli ultraortodossi hanno anche 10 figli
Si vestono come nel 1800
Molti si fanno crescere dei boccoli laterali come scritto nella Torah
Dopo la preghiera del venerdì gli ebrei tornano a casa passando per i vicoli della città vecchia

Preghiera di fronte al Muro del Pianto

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