[Indonesia] Il Gunung Agung è la montagna più alta e venerata di Bali.
Con i suoi 3142 m di altezza è visibile da buona parte dell’isola, anche se
spesso è coperta da nubi e da una persistente foschia. E’ un vulcano ancora attivo,
la sua ultima e violenta eruzione del 1963 risparmiò di pochi metri il tempio
Madre Besakih, che si trova alle sue pendici ed evitò le comunità dove vivono
ancora alcuni sciamani di Bali: quelli che aggiustano le ossa, i maghi della
pioggia e del vento, che con il loro potere controllano la forza del vulcano, e
i balian kebal, specializzati nei filtri d’amore. L’evento fu considerato
miracoloso e da allora i balinesi non smettono di venerare sia il tempio, che
il vulcano, con continui pellegrinaggi e offerte di fiori. Il monte Agung è
considerato una replica del mitico monte Meru, che secondo la mitologia
induista e buddhista sorge al centro dell’Universo.
Non avevamo previsto di salire in cima
a questa montagna, ma la sua bellezza, la sua sacralità e le parole piene di
rispetto e venerazione con cui ce l’hanno descritto alcune persone che abbiamo
incontrato, ci hanno fatto cambiare idea. Perché no, perché non risalire questi
ripidi sentieri che portano in alto, contemplando il mondo dal bordo di un
cratere, in bilico tra l’inferno e il paradiso?
Da Padangbai, dove alloggiamo, ci
vogliono 12 ore per fare l’escursione, si parte a mezzanotte e si torna a
mezzogiorno. Un’ora e mezza per arrivare con l’auto fino ai 1500 metri di quota
del tempio Pasar Agung, punto di partenza della scalata, 4 ore per salire a
piedi fino al cratere posto a 2.900 m e altre 4 ore per scendere. Si scala di
notte per avere l’emozione di vedere l’alba dalla vetta, unico momento della
giornata in cui il vulcano è sicuramente libero dalle nubi.
Contrattiamo l’escursione nel nostro
albergo, 800.000 rupie (64€) per l’auto e una guida che ci porterà fino in
cima. Impossibile salire da soli, il sentiero è appena tracciato e di notte ci
si perde facilmente. Appena paghiamo, alle 20.30, comincia a diluviare e non
smette più. Andiamo a letto con il dubbio di aver scelto la notte sbagliata,
salire a 3.000 metri di quota con la pioggia non avrebbe senso.
A mezzanotte invece il cielo è
stellato, meno male. Al monastero Pasar Agung, dove parte il sentiero, ci
aspetta la nostra guida, a sorpresa è una donna, una giovane donna con i
capelli lunghi ed uno zaino più grande di lei. Visitiamo i tre templi dedicati
alla trimurti: Brama, il creatore dell’universo, Visnù, il conservatore, e
Shiva, il distruttore. Poi finalmente si parte, ma Koma, la nostra guida, si
ferma ancora ad accendere incenso e mettere fiori nei piccoli templi lungo la strada,
“Perché gli spiriti della montagna ci aiutino”, ci dice. La scalata spirituale
inizia in una notte tracimante di stelle e senza luna, mentre in fondo si
distinguono nettamente i contorni dell’isola illuminati dalle mille luci delle
città che si riversano nel mare.
Scalare il Gunung Agung è un’impresa
rischiosa e faticosa. Si attraversa un bel tratto di bosco vergine, poi si
inizia a salire lungo i fianchi del vulcano seguendo i canaloni scavati
dall’acqua pluviale. Il terreno è scivoloso e si rivela una vera trappola. Dopo
quattro ore di marcia raggiungiamo il bordo più basso del cratere dove
incontriamo altri turisti partiti probabilmente prima di noi. E’ l’alba e sotto
di noi il vulcano proietta una piramide d’ombra che oscura mezza Bali. Il
momento è veramente emozionante. Ci muoviamo con difficoltà perché siamo in
tanti su un filo di roccia che finisce nel cratere.
La nostra brava guida toglie dallo
zaino un thermos con del tè caldo e ce lo offre insieme a dolci e biscotti, ecco
perché era tanto pesante! Poi si volge verso un piccolo tempio posto sul bordo e
insieme alle altre guide dona incensi e fiori al vulcano. Cominciamo a
scendere che il sole è già alto. Ora, senza pila, vediamo bene la roccia ripida
e scivolosa, e ci rendiamo conto dell’impresa che abbiamo fatto durante la
notte. La discesa non è da meno, scivoliamo più volte, le gambe non ne vogliono
più sapere di piegarsi, sono rigide, distrutte, fanno male.
Ritorniamo al
tempio verso le 10.30, quattro ore dopo la partenza dalla vetta. Siamo sfiniti
ma contenti. Ringraziamo gli spiriti della montagna per averci fatto tornare sani
e salvi. Saliamo in auto e immediatamente ci addormentiamo.
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Preghiere sul bordo del cratere |
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L'ombra del vulcano si proietta su mezza Bali |
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Il vulcano Gunung Agung |
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Dopo 4 ore di salita ci gustiamo l'alba sul vulcano |
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Fumi d'incenso e fiori offerti agli spiriti del vulcano |
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