[Indonesia - Giava] E chi l’avrebbe mai detto che l’Indonesia fosse una tigre
dell’economia mondiale, cresciuta così tanto nell’ultimo decennio da essere
considerata alla pari di paesi come Brasile, Russia, India e Cina? Un sempre
maggior numero di economisti vorrebbe infatti aggiungere un’altra I (Indonesia)
al famoso BRIC, il quartetto di stati che tira le redini della crescita economica
del mondo.
Girando il paese non si rimane indifferenti alla quantità
di attività economiche che brulicano ovunque, ai tanti motorini che, come da
noi negli anni sessanta, invadono le strade con tutta la famiglia sopra, ai
ragazzi giovanissimi che guidano gli autobus, fanno i poliziotti, oppure i
medici. La disoccupazione è solo al 6% su 245 milioni di abitanti, il quarto stato
più popoloso al mondo. L’età media è di soli 33 anni, una risorsa che si
traduce in forza lavoro fresca che poi spenderà volentieri i soldi guadagnati
per investirli sul futuro, facendo crescere il PIL.
Il benessere in questo paese si tocca con mano. Nella
semplice casa dove abbiamo affittato una stanza, nel centro storico di Yogyakarta,
non manca niente e ogni figlio ha il suo portatile connesso sempre a internet.
La mattina vanno a scuola in moto e la sera passano ore a suonare la chitarra.
La televisione c’è, ma rimane un soprammobile, non l’accendono mai. Nel paese
ci sono comunque ancora grosse differenze sociali da colmare.
L’industria dell’automobile guarda con molto interesse
all’Indonesia perché si prevede una richiesta di un milione di automobili nei
prossimi tre anni, già si vendono 7 milioni di motorini all’anno (povero
pianeta). Nel campo delle auto c’è praticamente il monopolio Toyota, mentre in
quello dei motorini vince sicuramente l’Honda. Uno scooter automatico da 125cc
costa all’incirca 600 euro.
Il boom è cominciato nel 1998 con la fine del regime
autoritario di Suharto. L’ambiziosa riforma costituzionale ha istituito un
sistema presidenziale e di governo scelto attraverso elezioni libere e trasparenti.
Ne è emersa una delle più vibranti democrazie del pianeta. Da allora l’economia
indonesiana è cresciuta con una media del 5% all’anno. Il rapporto debito-PIL è
sceso dal 101% del 2000 all’attuale 25% e l’inflazione annua è passata dal 77%
al 5%.
Anche se i problemi nel campo delle infrastrutture e
della corruzione sono ancora tanti, è inevitabile che con questi dati tutto il
mondo guardi all’Indonesia con grande interesse e cerchi relazioni commerciali
con essa. Una delegazione di ben cento italiani, in rappresentanza di 44
imprese e 8 gruppi bancari, si è recata ai primi di maggio di quest’anno a
Jakarta per consolidare i rapporti commerciali e trovare nuovi settori di
investimento. Già una sessantina di imprese italiane operano in Indonesia.
L’economia che marcia a gonfie vele, le automobili
costose che intasano le strade e i centri commerciali del tutto simili ai
nostri, non devono far dimenticare che in Indonesia c’è un terzo della
popolazione che vive con meno di 2$ al giorno, considerata la soglia della
povertà. Molti di loro non hanno l’elettricità. In media un insegnante guadagna
in rupie l’equivalente di 120 euro al mese, mentre il commesso di un negozio ne
riceve la metà. Eppure tutti sorridono.
In giro con la famiglia |
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