[Indonesia] A Ubud, sulle colline, stiamo un po’ più freschi e certamente più
tranquilli rispetto a Kuta, ma ci manca il mare, dove fare due passi prima di
cena. Qui alle 18 il sole tramonta, alle 19 si cena e alle 20 non c’è più nessuno
in giro. In compenso abbiamo una bella stanza al primo piano che guarda i tetti
della città e, seduti sul terrazzo, ascoltiamo spesso il muezzin della piccola
comunità mussulmana invocare a pieni polmoni il nome di Allah.
Fatta colazione partiamo in direzione est con la nostra
economica moto: 3 euro per il noleggio di un giorno e benzina a soli 0,4 euro
al litro, venduta lungo la strada in bottiglie di Vodka. La prima tappa è la
Grotta dell’Elefante, Goa Gajah, scoperta nel 1922, ma la sua costruzione viene
fatta risalire al XI secolo. Entriamo in un grande parco, scendiamo una
scalinata e osserviamo quello che ci viene detto essere un teatro nel quale
avvengono tuttora i combattimenti dei galli in occasione delle feste religiose.
Nel mezzo di un ampio spazio si trovano due enormi
vasche, in ognuna delle quali stanno tre doccioni a forma di figure femminili, forse
ninfe o divinità fluviali, che gettano acqua nelle fonti sacre. La grotta ha la
forma di un viso mostruoso dall’enorme bocca spalancata. La figura mostruosa
sembra voler distogliere i visitatori dal proposito di entrare nella grotta, in
una sorta di atteggiamento di protezione di qualcosa di estremamente sacro.
Decidiamo di avventurarci all’interno e ci introduciamo
nell’inquietante bocca spalancata. Il corridoio è stretto e umido, alla nostra
destra, immerso in una atmosfera senza tempo, il volto calmo del dio Ganesh,
dal volto da elefante, osserva un orizzonte indefinito. Dalla parte opposta si
trovano tre linga, raffigurazione stilizzata della trinità indù.
Riprendiamo la moto e ci prepariamo a percorrere parecchi
chilometri, lentamente. E’ domenica, la gente dei paesi è riunita a
chiacchierare ai lati della strada oppure in qualche cortile. Ad un certo punto
vediamo molte persone vestite in modo caratteristico e ci fermiamo incuriositi.
E’ una festa di famiglia che precede il matrimonio che sarà domani. Veniamo
subito invitati a mangiare con loro, mentre qualcuno corre a chiamare un
invitato che parli inglese. Arriva Nass, lavora nelle navi da crociera, quelle
che solcano il Mediterraneo; è un responsabile di cabina, parte per otto mesi
all’anno e poi ne passa quattro a casa. Conosce bene Venezia perché c’è stato
varie volte. Dopo esserci ben saziati visitiamo il tempio nel giardino della
casa, traboccante di fiori per l’occasione e continuiamo la nostra strada.
Con la pancia piena iniziamo la salita del Pura Besakin,
il tempio più importante di Bali, per questo chiamato dai locali “Tempio
Madre”. Si trova in una bellissima posizione a 1000 metri di altezza, sulle
pendici del vulcano Gunnung Agung. E’ un vasto complesso costituito da 23
diversi templi collegati tra loro. Fondato nel XIV secolo, il santuario è stato
ingrandito nel corso dei secoli con altre costruzioni, fino a raggiungere le
dimensioni attuali. Durante l’ultima eruzione, nel 1963, il vulcano ha ucciso
più di 1000 persone e distrutto centinaia di abitazioni. Da allora gli abitanti
non hanno mai smesso di fare offerte e di abbellire questo tempio per chiedere
scusa agli dei adirati. Nella parte più sacra del complesso sono presenti le
caratteristiche torri a gradini che ricordano le pagode cinesi, elevati per
sentirsi più vicini alle divinità.
Al ritorno dal tempio prendiamo la strada per Muncan che
attraversa una delle più belle zone di risaie di Bali, ci fermiamo
continuamente a fare foto. Proseguiamo per Sidemen, anche qui con incantevoli
paesaggi di verdi colline e una deliziosa atmosfera rurale. Torniamo tardi
perché ci perdiamo dentro la città.
Alla fine rimaniamo quattro giorni a Ubud e l’ultimo lo
dedichiamo alle famose spiagge di sabbia nera di Lebih, dove si trovano i
templi sulla spiaggia di Pura Masceti e Pura Klotek. Proprio qui vengono
portate le statue sacre del Tempio Madre per essere sottoposte al rituale di
purificazione. Arriviamo infine a Kusamba, un villaggio dedito alla pesca e
alla lavorazione del sale, dove si possono vedere file variopinte di piroghe a
bilanciere allineate sulla spiaggia. I pescatori escono in mare solitamente di
notte, e gli ‘occhi’ che decorano la prua delle imbarcazioni servono ad aiutare
la navigazione nell’oscurità. Molte persone sono chine sulla battigia per
raccogliere sassolini neri e rotondi da usare come decorazioni nell’edilizia.
Queste spiagge di sabbia nera impressionano per il colore, sembra carbone ma
non sporca i piedi. E’ stranissimo come spostandosi di poche decine di
chilometri si possa passare da candide spiagge di corallo a quelle nere di
origine vulcanica, sulla stessa isola. Bali è piena di sorprese e lentamente ci
svela le sue tante bellezze.
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Il Pura Besakih è il tempio più importante di Bali |
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Ultimi raggi di sole sulle risaie |
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Donne che setacciano il riso |
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Lebih la spiaggia nera con frammenti di mica che scintillano al sole |
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Sulla spiaggia di Kusamba le strane piroghe a bilanciere utilizzate per la pesca |
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Qui non si raccolgono conchiglie ma piccoli sassolini neri |
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