Ci spostiamo a Betlemme nell’appartamento che abbiamo
preso in affitto attraverso l’associazione dove presteremo servizio. Nel
pomeriggio abbiamo appuntamento con Mira, una volontaria rumena che ci
accompagnerà nell’abitazione. Ci incontreremo davanti alla porta di Damasco e
prenderemo il bus insieme.
Raggiungere Betlemme, che dista solo 10 km, non è facile,
perché le due città sono separate da un muro alto una decina di metri, con dei
cancelli (check point) gestiti dai soldati israeliani. Gli internazionali
possono passare abbastanza facilmente, mentre i palestinesi possono farlo solo
se hanno uno dei permessi rilasciati con il contagocce dal governo israeliano.
Prendiamo l’autobus arabo n° 24 che dalla porta di Damasco
copre i primi 7 km fino al Check Point 300. Scendiamo davanti ad un muro enorme
insieme a tanti palestinesi che tornano a casa dopo una giornata di lavoro in
Israele: questi sono i fortunati, quelli che possono andare “dall’altra parte”,
invece di rimanere a fare i disoccupati a Betlemme. Molti di loro hanno un
sacchetto di nylon in mano con dentro i contenitori vuoti del pranzo al sacco
che si son portati da casa.
Passiamo a piedi dentro cancelli a rastrello decisamente
inquietanti. Uscendo da Israele i controlli sono praticamente inesistenti,
mentre sono severissimi all’ingresso. Dall’altra parte del muro ci sono dei
taxi palestinesi dal tipico colore giallo, ma Mira ci dice che possiamo
continuare a piedi, visto che la casa è molto vicina. Purtroppo abbiamo
sottovalutato il fatto che lei è una grande camminatrice, di solito va e torna
da Gerusalemme a piedi, impiegando due ore per tratta! I due chilometri con i
bagagli sulle spalle ci hanno distrutto.
La casa è bella e molto più grande di quanto ci aspettassimo,
è l’intero piano terra di uno stabile di due piani costruito con tipici mattoni
bianchi. Ha un ingresso indipendente, un piccolo giardino pieno d’uva non
ancora matura e stanze molto ampie all’interno, con salotto, cucina, bagno e
tre camere da letto, distribuite su venti metri di lunghezza. C’è pure la
televisione con i canali italiani.
Le finestre si affacciano sulle colline che degradano
lentamente verso Gerico con il giallo come colore dominante, punteggiato qua e
là da qualche albero verde. Fra tutti i rilievi spicca quello a forma di cono
con i resti del castello di Erode e alle sue spalle. Oltre il Mar Morto, verso
sera si accendono le rosse montagne giordane che distano quasi 50 km. Purtroppo
tutta questa bellezza è dominata dall’enorme colonia israeliana di Har Homa, è
la prima cosa che vediamo sia di giorno che di notte quando guardiamo fuori.
Le colonie sono intere città costruite illegalmente dai
coloni israeliani in terra palestinese fin dal 1967, anno in cui Israele ha
occupato militarmente tutta la Palestina. Si contano a centinaia e sono state
dichiarate illegali da numerose risoluzioni ONU. Malgrado questo continuano ad
espandersi e ad occupare sempre più terra palestinese. Questa è una delle
controversie che maggiormente ostacolano il trattato di pace tra i due paesi.
Abbiamo comprato una SIM dell’Orange, la compagnia
telefonica israeliana che funziona anche nella West Bank (Cisgiordania). Con 30
€ abbiamo 10 € di traffico telefonico e 3 Gb di internet che dovrebbe essere
sufficiente per un mese. Il nostro telefonino ha il sistema operativo Android, e
con la funzione Tethering (Impostazioni e poi Wireless), fa diventare il
telefonino un hotspot wi-fi, dove è possibile collegarsi con più computer una
volta impostata una password. Funziona benissimo e non occorre comprare costose
chiavette che fanno sempre i capricci.
Check point...grandi sbarre per tornare a casa |
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