[Gerusalemme] Passeggiando lungo le vie che dalla
porta di Damasco portano al Muro del Pianto si notano a tutte le ore del giorno
delle figure vestite di nero che camminano in fretta. Si notano soprattutto
perché hanno un impermeabile pesante, oppure un cappotto, e talvolta un
voluminoso cappello in pelliccia, con temperature decisamente estive. Molti
hanno anche delle basette arrotolate,lunghe una trentina di centimetri, che si
toccano con le mani mentre avanzano a testa bassa.
Ci viene spontaneo seguirli, anche se
non è facile visto che camminano proprio veloci. Passano lungo la via Dolorosa,
poi entrano in un tunnel coperto che immette sull’enorme piazza che si affaccia
sul Muro del Pianto. Prima dell’ingresso c’è un check point dove loro passano
indisturbati, mentre noi veniamo controllati come all’aeroporto: gli zaini
passano dentro i raggi x, mentre per noi c’è il metal detector. Il Muro del
Pianto è il luogo più sacro al mondo per gli ebrei e c’è una forte paura di
attentati. Il tunnel si affaccia su un’enorme piazza vuota e completamente
assolata.
Una guida sta spiegando ad un gruppo
di turisti che fino al 1967 qui c’èra un quartiere arabo abitato da un migliaio
di persone. Nella Guerra dei Sei Giorni la città venne occupata dall’esercito
israeliano il quale ordinò agli abitanti di questo quartiere di lasciare le
loro case solo per una notte, in modo da poterle perquisirle. L’indomani
tonarono e trovarono il quartiere completamente raso al suolo. Prima gli ebrei
avevano solo uno stretto vicolo per poter pregare di fronte al muro, ora hanno
un’enorme piazza.
Il muro è sacro agli ebrei perché si
suppone sia l’unica parte rimasta del Secondo Tempio distrutto nel 70 d.C.;
secondo i testi rabbinici queste pietre non vengono mai abbandonate dalla presenza
divina. L’area di fronte al Muro, almeno un terzo della piazza, è in realtà un’enorme
moschea a cielo aperto divisa in due parti, una per le donne ed una più grande
per gli uomini. Quando si entra in quest’area bisogna essere vestiti in modo
decoroso e gli uomini devono indossare la kippah,
un piccolo copricapo circolare, disponibile all’ingresso per chi ne fosse
sprovvisto.
In questa zona si riuniscono gli ebrei
ortodossi e ultraortodossi vestiti di nero (prevalentemente chassidim e ashkenaziti) che pregano
oscillando avanti e indietro sui talloni e muovendo la testa a scatti, ogni
tanto interrompono la preghiera per avvicinarsi al Muro e baciarne le pietre.
Il nero indica assenza di colore e questo significa distanza dalla vacuità della
moda e delle cose terrene, per meglio concentrarsi sulle preghiere.
Gli ultraortodossi non indossano la semplice
kippah ma un cappello a falda larga,
oppure lo strèmel, un copricapo
circolare fatto di coda di volpe. Ai bambini non vengono mai tagliati i capelli
fino a tre anni, mentre gli adulti si lasciano crescere i peot (riccioli laterali) perché così è scritto nel Talmud. Gli
ebrei ashkenaziti indossano anche una specie di cintura dalla quale scendono
delle cordicelle bianche che servono a separare la parte superiore del corpo
ritenuta pura dalla parte impura sottostante. Talvolta durante la preghiera
portano sul braccio, o sulla fronte, il tefillin, un piccolo astuccio quadrato di cuoio nero
ricavato da un animale kosher (puro) allacciato con piccole cinghie, contenenti
rotoli di pergamena ognuno dei quali riporta quattro brani della Torah.
L’abbigliamento delle donne non è da
meno, si vestono veramente come “una volta” con gonne fin sotto al ginocchio,
camicette con maniche lunghe e senza scolatura. Sulla testa portano un
fazzoletto che copre i capelli o la parrucca di quelle che si radono a zero per
umiltà di fronte a Dio. Il colore del loro abbigliamento non è necessariamente
nero, può essere grigio e in parte bianco, ma comunque privo di colore. Normalmente si vedono con
carrozzelle e molti figli al seguito, fino ad una decina.
L’abbigliamento descritto sopra è quello
tipico del 1800 degli ebrei provenienti dai paesi del nord d’Europa come
Polonia e Russia. La maggioranza degli ebrei israeliani sono originari proprio
da questi paesi, tanto che il russo è la lingua più parlata in Israele dopo
l’ebraico e molti cartelli stradali di Gerusalemme sono scritti anche in questa
lingua. E’ chiaro che i riti e l’abbigliamento tradizionale degli ebrei israeliani
sono stati fortemente influenzati da queste culture.
Tutta questa coreografia sarebbe pure divertente
se non avesse un aspetto decisamente negativo: gli ebrei ultraortodossi ritengono
che tutta la terra di Palestina debba appartenere allo stato di Israele e,
malgrado siano una minoranza della popolazione, influenzano la politica in tal
senso. I coloni che si impossessano di terre palestinesi per fondarne delle
colonie sono quasi sempre ebrei ultraortodossi.
Questa sera ci spostiamo a Betlemme.
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Durante la preghiera si indossa il tefillin che contiene brani della Torah |
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Il Muro del Pianto sotto la spianata delle moschee |
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Gli ultraortodossi hanno anche 10 figli |
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Si vestono come nel 1800 |
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Molti si fanno crescere dei boccoli laterali come scritto nella Torah |
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Dopo la preghiera del venerdì gli ebrei tornano a casa passando per i vicoli della città vecchia |
Preghiera di fronte al Muro del Pianto
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