sabato 6 luglio 2013

L’umiliazione al checkpoint comincia di notte

La nostra casa a Betlemme è lungo la strada principale che porta al checkpoint 300, quello che collega tutta la Palestina meridionale a Gerusalemme. Ogni mattina verso le 3 comincia il traffico incessante di pulmini e taxi collettivi che portano i lavoratori davanti alle grate in ferro. Migliaia di uomini palestinesi si mettono in coda sperando di passare: si tolgono le scarpe, la cinta e la giacca e infilano tutto dentro la macchina a raggi x, poi appoggiano il loro permesso al vetro della guardiola, inseriscono il dito nel rivelatore di impronte digitali e aspettano che il soldato dica che è tutto a posto. Se così non è, il malcapitato non andrà a lavorare e non tornerà indietro, ma verrà ammanettato con le mani dietro le spalle e trattenuto in disparte per ore, finché apriranno gli uffici e si potrà chiarire la sua posizione.

Con il passare delle ore la coda di persone in attesa aumenta sempre di più, fino a raggiungere il suo massimo verso le 7. Questa mattina ci siamo venuti anche noi, arriviamo alle 5, mentre comincia ad albeggiare. I lavoratori sono già in fila chissà da quanto tempo, in silenzio, con le mani aggrappate alle sbarre e lo sguardo inespressivo. Ogni tanto qualche lavoratore in ritardo supera esternamente tutta la fila e scavalca la gabbia calandosi dall’alto, attraverso lamiere rotte e ferri sporgenti.

Ci avviciniamo alla prima guardiola di controllo, proprio sotto il Muro. Vediamo una giovane ragazza dai capelli biondi che non è certamente israeliana e nemmeno palestinese, si chiama Linda, ha 22 anni, ed è di origine svedese, sulla sua giacca c’è scritto: “EAPPI” (Ecumenical Accompaniment  Programme in Palestine and Israel), un’associazione con sede a Ginevra, nata con lo scopo di supportare israeliani e palestinesi nelle loro azioni di non violenza. Ci racconta che vive in un appartamento di Betlemme insieme ad altri quattro ragazzi provenienti da altre parte del mondo. Tre sono impegnati ad Hebron, mentre lei ed un altro ragazzo spagnolo hanno il compito di monitorare la situazione in questo checkpoint e rilevare, con un cronometro, i tempi di transito.

Ad un certo punto si rivolge al soldato dentro la guardiola, chiedendo ad alta voce il motivo per cui una donna palestinese non viene fatta passare, il soldato non risponde, ma poco dopo apre il cancello e lascia passare la donna. “Ecco - dice la ragazza svedese - se ci sono degli internazionali che controllano tutto si svolge abbastanza regolarmente, altrimenti le persone possono attendere anche ore. Ma questi controlli non servono alla sicurezza, servono solo ad umiliare i palestinesi, sono infatti tantissimi quelli che passano scavalcando il muro o passandoci sotto. Se uno volesse fare un attentato non passerebbe certo di qui.” Chiunque può collaborare come volontario EAPPI per tre o sei mesi (vitto e alloggio gratuiti), basta scrivere all’associazione: eappi@wcc-coe.org; oppure collegarsi al sito: www.eappi.org

Ma dove vanno tutti questi palestinesi? Con la creazione del muro l’economia della Cisgiordania ha subito un tracollo e la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimi. Visto che Israele ha bisogno di manodopera palestinese sottopagata per costruire le colonie ed il muro stesso, rilasciano dei permessi affinché questi uomini si possano recare in giornata dall’altra parte. Quando non c’è alternativa, pur di sfamare la tua famiglia sei disposto a lavorare anche per il tuo oppressore.

I lavoratori sono ovviamente senza contratto e senza nessun tipo di contributo pensionistico. Anche se quest’ultimo è un problema minore per i palestinesi in quanto la pensione in Cisgiordania non esiste, è prevista solo per qualche dipendente governativo. I palestinesi lavorano finché hanno forze e dopo vengono mantenuti dai figli in quel concetto di famiglia allargato presente anche da noi fino alla metà del secolo scorso.

Chiunque può assistere al girone dantesco dei “disperati” che si alzano ogni giorno, in piena notte, per affrontare il checkpoint 300, basta farsi portare lì all’alba, da un taxi se si dorme a Betlemme (3 km dal centro), oppure prendendo il bus 24, di fronte alla porta di Damasco, se si dorme a Gerusalemme (7 km).  Non c’è nessun pericolo, malgrado quello che vi dicono.

Check point tra Gerusalemme e Betlemme: ogni mattina all'alba una lunga fila per arrivare in tempo al lavoro
Le due città distano meno di 10 km, ma per andare da una all'altra il tempo è lunghissimo, per buona parte dei palestinesi addirittura infinito
" Il popolo palestinese è il popolo più solo al mondo." Moni Ovadia
"Chiedetevi se questo è un uomo!
Preghiere tra le sbarre

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