La nostra casa a Betlemme è lungo la
strada principale che porta al checkpoint 300, quello che collega tutta la
Palestina meridionale a Gerusalemme. Ogni mattina verso le 3 comincia il
traffico incessante di pulmini e taxi collettivi che portano i lavoratori
davanti alle grate in ferro. Migliaia di uomini palestinesi si mettono in coda
sperando di passare: si tolgono le scarpe, la cinta e la giacca e infilano
tutto dentro la macchina a raggi x, poi appoggiano il loro permesso al vetro
della guardiola, inseriscono il dito nel rivelatore di impronte digitali e
aspettano che il soldato dica che è tutto a posto. Se così non è, il
malcapitato non andrà a lavorare e non tornerà indietro, ma verrà ammanettato
con le mani dietro le spalle e trattenuto in disparte per ore, finché apriranno
gli uffici e si potrà chiarire la sua posizione.
Con il passare delle ore la coda di
persone in attesa aumenta sempre di più, fino a raggiungere il suo massimo
verso le 7. Questa mattina ci siamo venuti anche noi, arriviamo alle 5, mentre
comincia ad albeggiare. I lavoratori sono già in fila chissà da quanto tempo,
in silenzio, con le mani aggrappate alle sbarre e lo sguardo inespressivo. Ogni
tanto qualche lavoratore in ritardo supera esternamente tutta la fila e scavalca
la gabbia calandosi dall’alto, attraverso lamiere rotte e ferri sporgenti.
Ci avviciniamo alla prima guardiola di
controllo, proprio sotto il Muro. Vediamo una giovane ragazza dai capelli biondi
che non è certamente israeliana e nemmeno palestinese, si chiama Linda, ha 22
anni, ed è di origine svedese, sulla sua giacca c’è scritto: “EAPPI” (Ecumenical Accompaniment Programme in Palestine and Israel), un’associazione
con sede a Ginevra, nata con lo scopo di supportare israeliani e palestinesi
nelle loro azioni di non violenza. Ci racconta che vive in un appartamento di
Betlemme insieme ad altri quattro ragazzi provenienti da altre parte del mondo.
Tre sono impegnati ad Hebron, mentre lei ed un altro ragazzo spagnolo hanno il
compito di monitorare la situazione in questo checkpoint e rilevare, con un
cronometro, i tempi di transito.
Ad un certo punto si rivolge al
soldato dentro la guardiola, chiedendo ad alta voce il motivo per cui una donna
palestinese non viene fatta passare, il soldato non risponde, ma poco dopo apre
il cancello e lascia passare la donna. “Ecco
- dice la ragazza svedese - se ci sono degli internazionali che controllano
tutto si svolge abbastanza regolarmente, altrimenti le persone possono
attendere anche ore. Ma questi controlli non servono alla sicurezza, servono
solo ad umiliare i palestinesi, sono infatti tantissimi quelli che passano
scavalcando il muro o passandoci sotto. Se uno volesse fare un attentato non
passerebbe certo di qui.” Chiunque può collaborare come volontario EAPPI
per tre o sei mesi (vitto e alloggio gratuiti), basta scrivere
all’associazione: eappi@wcc-coe.org;
oppure collegarsi al sito: www.eappi.org
Ma dove vanno tutti questi
palestinesi? Con la creazione del muro l’economia della Cisgiordania ha subito
un tracollo e la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimi. Visto che
Israele ha bisogno di manodopera palestinese sottopagata per costruire le
colonie ed il muro stesso, rilasciano dei permessi affinché questi uomini si
possano recare in giornata dall’altra parte. Quando non c’è alternativa, pur di
sfamare la tua famiglia sei disposto a lavorare anche per il tuo oppressore.
I lavoratori sono ovviamente senza
contratto e senza nessun tipo di contributo pensionistico. Anche se quest’ultimo
è un problema minore per i palestinesi in quanto la pensione in Cisgiordania
non esiste, è prevista solo per qualche dipendente governativo. I palestinesi
lavorano finché hanno forze e dopo vengono mantenuti dai figli in quel concetto
di famiglia allargato presente anche da noi fino alla metà del secolo scorso.
Chiunque può assistere al girone
dantesco dei “disperati” che si alzano ogni giorno, in piena notte, per
affrontare il checkpoint 300, basta farsi portare lì all’alba, da un taxi se si
dorme a Betlemme (3 km dal centro), oppure prendendo il bus 24, di fronte alla
porta di Damasco, se si dorme a Gerusalemme (7 km). Non c’è nessun pericolo, malgrado quello che
vi dicono.
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Check point tra Gerusalemme e Betlemme: ogni mattina all'alba una lunga fila per arrivare in tempo al lavoro |
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Le due città distano meno di 10 km, ma per andare da una all'altra il tempo è lunghissimo, per buona parte dei palestinesi addirittura infinito |
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" Il popolo palestinese è il popolo più solo al mondo." Moni Ovadia |
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"Chiedetevi se questo è un uomo! |
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Preghiere tra le sbarre |
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