A parte Gerusalemme, le città della
Cisgiordania non compaiono quasi mai nelle guide di viaggio, eppure andrebbe
scritto che alcune sono molto belle ed interessanti. Il fatto poi che siano
chiuse al mondo esterno da un vero e proprio muro, ha contribuito a
conservarle, limitandone i contatti con il mondo occidentale. Visitando le
città di Betlemme, Hebron, Nablus e Jenin, si ha la possibilità di fare un
viaggio nel tempo di un mondo arabo che è ormai difficile trovare anche nei
paesi mussulmani più tradizionalisti.
La città vecchia di Nablus in
particolare è un groviglio di bellissime vie che non hanno niente da invidiare
alla Città Vecchia di Gerusalemme. Si può tranquillamente visitare in giornata
partendo dalla Porta di Damasco con un autobus fino a Ramallah e poi con un
taxi collettivo fino a Nablus. La città fu fondata dai Romani nel 72 d.C. con
il nome di Flavia Neapolis (nuova città dell’imperatore Flavio), dopo la
conquista araba del 632 venne chiamata Nablus, ma i crociati la chiamarono
addirittura Napoli.
In città sono presenti molti monumenti
e nove moschee, cinque delle quali erano chiese di epoca bizantina poi
trasformate, e numerosi bagni turchi. La maggior parte degli edifici nella
città vecchia è stata costruita nel periodo dell’Impero Ottomano. La rete
dell’acqua potabile è di epoca romana e si trova sotto la città vecchia. Sono
famose le fabbriche di sapone all’olio d’oliva, un composto a base di sodio e
acqua pura, assai simile quindi al sapone di Aleppo.
La città è attorniata da numerosi
campi profughi in cui vivono circa 34.000 persone, il più grande di questi si
chiama Balata e al suo ingresso si trova il Pozzo di Giacobbe, presso il quale,
secondo fonti bibliche, Gesù incontrò un donna samaritana che gli offrì da bere
dell’acqua e alla quale rivelò di essere il Messia. Circa 300 metri a sud-est
si trova la Tomba di Giuseppe, che negli ultimi anni è stata all’origine di
numerose frizioni con gli ebrei che vi si recano a pregare scortati
dall’esercito israeliano.
Dopo Nablus con un taxi collettivo
giallo (così come non esiste la pensione, in Cisgiordania non esiste nemmeno un
servizio di trasposto pubblico) andiamo a Jenin, 26 km più a nord, attraverso
paesaggi collinari molto belli e ampi spazi verdi coltivati. Jenin è l’estrema
città a nord, solo 5 km dal Muro e circa 20 km da Nazaret. Da circa due anni il
checkpoint di Jalameh, che collega queste due città, è stato aperto ai turisti.
Jenin è la città più “calda” di tutta
la Cisgiordania, dove le battaglie durante la prima intifada sono state più
cruente e dove si vedono ancora esposti sui muri le foto dei “martiri della
rivoluzione”. Ora la città è tranquilla e si può girare per la parte vecchia
senza problemi, anzi, gli abitanti sono sempre molto gentili: quei rari turisti
che arrivano fin qui sono considerati quasi degli ospiti e capita spesso che il
cibo che compri ti venga offerto.
La città ha origini antichissime ed è
stata nominata sia dagli antichi Egizi che dai Babilonesi. Oltre alla Grande Moschea
risalente al 1566 e al dedalo di viuzze che ci girano intorno piene di
fabbricanti di mobili, barbieri e meccanici, Jenin è nota in tutto il mondo per
il Freedom Thetre, un coraggioso progetto nato nel 2006 come alternativa non
violenta alla lotta armata. I ragazzi-attori di questo teatro vengono spesso chiamati
all’estero. Pochi giorni dopo la nostra visita sarebbero partiti per una tournèe
in Italia.
Tre chilometri ad ovest di Jenin si
trova il villaggio di Burqin. Il Vangelo colloca in questo villaggio uno dei
più noti miracoli di Gesù, quello della guarigione dei dieci lebbrosi. La
chiesa di San Giorgio fu costruita su un’antica cisterna romana nel posto dove
Gesù compì il miracolo. All’interno della chiesa c’è una grotta e una cappella
che risalgono agli albori del cristianesimo. La passeggiata per arrivarci passa
attraverso coltivazioni di mais e poi sale nell’ultimo tratto attraverso un
paesaggio incantevole. La comunità cristiana che si ritrova in questa chiesa si
è ormai ridotta ad una decina di famiglie.
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Al mercato profumo di spezie |
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Bambini giocano nelle vie di Jenin |
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Il pane di Nablus |
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Foto dei martiri della resistenza palestinese lungo le vie di Nablus |
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Grandi pentole per cucinare falafel, le polpette di ceci |
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Le calli di Jenin |
Cari Paola e Ruggero, che esperienza importante avete deciso di vivere ... ho sbirciato di tanto in tanto il vostro denso viaggio e gli scritti di questo ultimo mese mi sono stati particolarmente cari e utili
RispondiEliminasarò anch'io in Israele da domenica per un piccolissimo assaggio di questo tormentato paese, perciò vi ringrazio delle riflessioni fornite,
un caro saluto,
Ornella L.