mercoledì 6 febbraio 2013

Un saluto alla Birmania

[Birmania]  Dopo 26 giorni di Birmania domani torniamo a Bangkok con un volo della Air Asia, questa compagnia veramente low cost, con aerei nuovissimi, che copre molte destinazioni asiatiche. Per andare in aeroporto non c’è un bus diretto, dovremmo prendere un taxi che costa 6000 kyat (meno di 6 euro), alle sei di mattina è più comodo così.

Abbiamo trascorso questi due giorni a Yangon non facendo proprio nulla, se non mangiare o comunque cercare di farlo. In tre settimane è aumentata di molto la temperatura, l’inverno è completamente finito e di giorno già si fatica a camminare sotto il sole. Il nostro ristorante preferito è sulla strada, dove una ragazza birmana, con le sue belle guance piene di thanaka, sa fare delle ottime crepes salate. Poi la sera facciamo una passeggiata fino al quartiere cinese dove le strade traboccano di ristorantini economici.

Oggi abbiamo passato il pomeriggio facendo spese e bevendoci una birra insieme a due simpaticissimi ragazzi romani appena arrivati dalla Thailandia. Un loro compagno è rimasto in camera per forte dissenteria e vomito. Carlo e Stefano sono dipendenti degli Aeroporti di Roma e dicono: “siamo gli unici viaggiatori che arrivano con l’aereo direttamente sul posto di lavoro”. Con loro si parla di Roma, di viaggi e di politica. Osservano che è stata fatta una campagna denigratoria contro il Movimento 5 Stelle, i giornali principali lo ignorano, ma dove c’è Grillo le piazze sono sempre stracolme. E poi, dicono, è l’unico partito che ha dimostrato veramente di fare qualcosa: in Sicilia, dove hanno vinto, gli amministratori si sono autoridotti di due terzi lo stipendio. Chissà... un po' di politica giusto ci mancava.

Salutiamo così la Birmania, i colori delle sue campagne, gli uomini con il gonnellino (longy), le immancabili ciabatte ad infradito e le innumerevoli pagode (stupa) dorate che si ergono verso il cielo, decisamente belle, anche se dopo un po’ uno non ne può più. Ci dispiace non essere arrivati fino al mare, molto bello dicono, ma non ce la facevamo proprio. Salutiamo i pick up che ci hanno caricato sul cassone, i bus affollatissimi di Yangon e gli autobus notturni con la temperatura da cella frigorifera e le love story alla tivù con il volume al massimo.

Salutiamo i Birmani, sempre carini e spesso sorridenti, anche se hanno imparato troppo presto dal loro governo a gonfiare i prezzi ai turisti e la gente delle campagne, capace di costruire qualsiasi cosa a mano, come i mitragliatori giocattolo costruiti con le canne di bambù. Salutiamo i villaggi su palafitte del Lago Inle collegati con ponti di legno, che ci hanno fatto vivere l’emozione di essere in una Venezia antica. Salutiamo in particolar modo gli alberghi sempre pieni, che ci hanno costretto a frequenti telefonate per prenotare o a lunghissime camminate per cercare.

Salutiamo tutti i Birmani che ci hanno detto di conoscere Berlusconi, ma di non sapere dov’è l’Italia. E quelli che non hanno voluto ospitarci nella loro baracca per ripararci dal freddo del primo mattino, anche se probabilmente hanno detto di no semplicemente perché non ci hanno capito. Che strano: in India quando non ti capiscono rispondono sempre di sì, mentre in Birmania rispondono sempre di no!

Mitragliatori giocattolo costruiti con canne di bambù
 Yangon: appuntamento quotidiano con le crepes, Sary le fa buonissime 
La strada per la libertà è ormai intrapresa...W la Birmania!

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