[India] Il fuoco per gli indiani è una vera mania, un culto che ha le sue radici nella fede. I templi hanno sempre dei lumini intorno all’altare, se non addirittura un fuoco a legna. La sera il Gange si riempie di candele galleggianti e verso le sette il Dasashwamedh Ghat ospita delle grandi cerimonie dove decine di sacerdoti fanno roteare dei candelabri traboccanti di fuoco al ritmo di musiche assordanti. Di fronte, il sacro fiume scorre silenzioso e lento.
Di fuoco si parla anche nel giorno del matrimonio, il più
importante nella vita di un indiano, durante il
quale gli sposi devono fare sette giri intorno ad una fiamma. Nel giorno
più brutto invece, una pira ardente brucerà il corpo del defunto, con un
tizzone prelevato dal fuoco sacro, tenuto sempre acceso da strani personaggi chiamati custodi del fuoco.
Ma di fuoco purtroppo si riempiono ogni mattino anche le
calli della città vecchia, le strade e i villaggi. Ogni poche decine di metri
c’è un piccolo falò di immondizie piene di plastica dall’odore nauseante.
Durante la stagione fredda, intorno a quel misero fuoco, si accucciano uomini
donne e bambini che respirano diossina pura, una sostanza altamente cancerogena liberata dalla plastica se bruciata a basse temperature (sotto i 1200 °C).
In città e nei villaggi non esistono dei contenitori
per le immondizie, tutto viene buttato per strada, a volte gettato direttamente
dalla finestra, dove cani randagi, topi, cinghiali, maiali, mucche e tori (ma
niente gatti, non si vedono mai in India) rovistano nei sacchetti di plastica
cercando dei residui di cibo. Quando rincasiamo la sera, o usciamo presto la
mattina, dobbiamo camminare sopra questi mucchi di lerciume cercando di non
disturbare troppo i cani e le mucche che stanno mangiando; a volte gli animali sono così
tanti che è impossibile passare e dobbiamo aspettare l’arrivo di un indiano che
ci faccia strada.
Prima dell’arrivo della plastica questo sistema, brutto
da vedere, funzionava benissimo: le persone buttavano i rifiuti per strada dove
gli animali mangiavano tutto l’umido possibile e il poco che rimaneva veniva
portato via o bruciato senza grossi residui. Ora, con i sacchetti di plastica
ampiamente usati da tutti, la situazione è precipitata e i lati delle strade ne
sono pieni. Le mucche, che forniscono il latte per il nostro lassi, rompono i sacchetti con i denti ingoiandone una parte. Un macellaio
mussulmano ci raccontava che nello stomaco di queste mucche, quando muoiono, si
trovano sempre parecchi chilogrammi di plastica.
La mattina, andando a Sarnath, attraversiamo un affluente
del Gange. Sulla sponda, prima del ponte, c’è un’enorme discarica abusiva che
riversa i liquami direttamente nell’acqua. Anche qui le immondizie vengono
bruciate, ci sono fuochi ovunque e passando bisogna otturarsi il naso. In lontananza
si vedono cinghiali e maiali che rovistano tra le immondizie con i corvi
appoggiati sopra la loro schiena.
Ma quello che più rattrista sono le sagome delle donne e
dei bambini, alcuni a piedi nudi, che cercano tra i rifiuti degli oggetti da
poter rivendere. Un mondo infernale fatto di puzza, fumo e tanta miseria. Una mattina ci siamo fermati, siamo scesi dal risciò ed entrati nella discarica per poter
vedere da vicino. I bambini sono corsi verso di noi gioiosi come sempre, i loro
sacchetti contenevano lurida plastica, come bicchieri schiacciati e altre cose
simili, chissà a chi potevano rivendere quel nulla. Ci ha stupito la loro
allegria mentre ci difendevano dai cani randagi, nessuno ci ha chiesto dei
soldi, solo foto, una foto che immortalasse la loro giovinezza e la loro bellezza.
La discarica alle prime luci del giorno |
A chi venderà questa poca miseria? |
Le immondizie vengono bruciate e i liquami vanno direttamente nel fiume |
I bambini sorridenti della discarica |
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