[India] Qualcuno si chiederà quale legame può esserci tra un’industria siderurgica tutta italiana e l’India. Le due storie che sto per raccontare mettono in luce come la disperazione umana non abbia confini e si manifesti allo stesso modo, anche se con modalità diverse, sia in Italia che nella povera India.
India
e l’aiuto rifiutato
Siamo in una città qualsiasi dell’India, come Varanasi.
Un operatore sociale che lavora nei pressi della caotica stazione ferroviaria,
dove si concentrano i mendicanti della città, propone al direttore di una
scuola di offrire ospitalità ed istruzione ad alcuni ragazzi di strada che
vivono sui marciapiedi. I ragazzi sono magri, affamati e sporchi, come chi non
si lava forse da anni. Il direttore li fa lavare, offre loro dei
vestiti, del cibo e un posto letto nell’ostello della scuola. Poi li convoca e
dice loro: “Potete stare qui, andare a scuola la mattina e nel pomeriggio
aiutare per qualche ora gli altri ragazzi nel campo dove coltiviamo le verdure.
Cos’altro posso fare per voi?” Il direttore sbianca quando si sente rispondere
che potrebbe comperare loro un cellulare. Li convince comunque a rimanere
qualche tempo per vedere come si trovano, ma alla fine del secondo giorno
chiedono di tornare sul marciapiede della stazione perché lì, dicono, riescono
comunque a vivere con l’elemosina dei turisti.
L’Ilva
di Taranto e il benessere economico che prevale sui figli
Immaginiamo una città sulla costa salentina. Per comodità
facciamo pure finta che sia Taranto. Oltre ad avere un centro storico
meraviglioso, c’è la spiaggia libera e le persone vivono prevalentemente di
pesca, agricoltura e piccolo artigianato. Un giorno arriva una grossa
industria, che per comodità potrebbe essere l’Ilva: essa ha sicuramente dei
benefici effetti, perché offe lavoro e, di conseguenza, soldi agli abitanti che
iniziano una vita da operai. Col passare del tempo si manifestano tuttavia
degli effetti indesiderati. L’industria scarica in mare e nell’aria delle
sostanze inquinanti, che rendono la spiaggia non balneabile e determinano un
aumento dei tassi di tumori in tutta l’area. Gli operai, inoltre, hanno meno
tempo libero di prima ma, con gli straordinari possono avere i soldi necessari
ad acquistare l’auto (con cui recarsi nel primo paesino con spiaggia libera
disponibile) o pagare la piscina privata costruita da un imprenditore locale
(il mercato infatti tende sempre a sostituire un bene come la spiaggia libera,
con un suo surrogato, vendibile attraverso un prezzo). I soldi spesi per le
cure mediche, tra gli altri effetti, vanno comunque ad aumentare il PIL, che al
suo interno include le spese in medicinali e servizi medici. Le auto intasano
la statale litoranea, le spiagge libere tendono a congestionarsi e quelle
private sono sempre più care ed esclusive. La salute della popolazione è
irrimediabilmente compromessa.
Ad un certo punto la dicotomia tra lavoro e ambiente
emerge in tutta la sua virulenza. Gli abitanti di Taranto, e gli operai
dell’Ilva, denunciano la grave situazione ambientale e l’aumento smisurato di
tumori nell’area finché la magistratura blocca la produzione di acciaio, visto
che rinnovare gli impianti comporta un costo economico insostenibile.
Ma chi è disposto a tornare a fare il pescatore, oppure
ad emigrare, per salvaguardare la salute dei propri figli? Sembra nessuno. Così, gli stessi operai che avevano manifestato per denunciare l’inquinamento, ora si
oppongono alla chiusura dell' Ilva in gran massa. Il modello economico ha così modificato
la mente di quegli operai da riuscire a mettere i soldi davanti alla propria salute e a quella dei figli. Il governo Monti, che con un decreto ha riaperto la
fabbrica contro la decisione della magistratura, ha spaventosamente approvato
questo modello.
Il confronto tra queste due storie è sicuramente forzato, ma volevo mettere in luce come la disperazione umana non abbia confini e si manifesti, sotto forme diverse, nei paesi ricchi come in quelli poveri: da una parte i ragazzi che preferiscono l'elemosina dei turisti ad una vita di studio, dall'altra gli operai che non hanno sostanzialmente scelta, perché vittime di un sistema economico ormai degenerato.
Il confronto tra queste due storie è sicuramente forzato, ma volevo mettere in luce come la disperazione umana non abbia confini e si manifesti, sotto forme diverse, nei paesi ricchi come in quelli poveri: da una parte i ragazzi che preferiscono l'elemosina dei turisti ad una vita di studio, dall'altra gli operai che non hanno sostanzialmente scelta, perché vittime di un sistema economico ormai degenerato.
Le immondizie a Varanasi vengono bruciate lungo le vie |
Trasporto del gas |
La sua baracca la vede così bella che riesce a farci anche le decorazioni |
E' incredibile, ma anche in baracche così piccole, può mancare tutto ma non la televisione |
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/18/fare-maestro-in-india-storia-di-valentino-giacomin/449155/
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