domenica 23 dicembre 2012

Bhopal: le stragi non insegnano niente


[India]  Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, 40 tonnellate di gas tossici, soprattutto isocianato di metile, fuoriuscirono dall’impianto della multinazionale americana Union Carbide, riversandosi sulla città di Bhopal. Nei primi giorni morirono 6.000 persone, ma il totale ha poi superato le 20.000. Molti ebbero gravi conseguenze, persero la vista, si ammalarono di cancro, di malattie respiratorie e neurologiche. Le conseguenze colpirono i figli delle madri incinte e i figli dei figli. Oggi sono più di 120.000 le persone con problemi fisici.

Gli impianti si trovano dentro la città, qualche chilometro a nord della parte vecchia. Ci siamo andati per vedere cosa è rimasto. L’autorisciò ha capito subito dove volevamo andare e ci ha lasciato nei pressi di un buco sul muro che circonda l’area dell’ex fabbrica. Entro nell’area seguito da alcuni ragazzi che mi dicono che non posso avvicinarmi troppo agli impianti ormai arrugginiti, ci vuole il permesso della polizia. Faccio comunque alcune foto, mentre da lontano i guardiani mi chiamano, uno dei ragazzi mi dice che è meglio andarsene.

Fuori, sulla strada, c’è una misera statua che ricorda la sciagura. Il breve muro della casa vicino ha dei murales disegnati da qualche artista con frasi di Einstein e di Madre Teresa. Questo misero memoriale è un indice di quanto poco si sia fatto per questa gente. Perché ricordare vorrebbe dire anche bonificare, e trent’anni dopo la tragedia non si è fatto ancora nulla. Dentro la recinzione ci sono ancora grandi quantità di pesticidi in serbatoi e contenitori che si stanno rompendo. Il terreno all’infuori del muro è altamente inquinato con valori fino a 500 volte superiori ai limiti di legge.

Le bidonville che si sono create intorno vivono su una bomba ecologica dove uomini, donne e bambini scavano i primi dieci centimetri di terreno inquinato per ricavarci il ferro con delle calamite. I loro nonni e i loro genitori sono morti a causa di questo veleno ma loro sono ancora lì a rivendicare la terra. Dei 470 milioni di dollari pagati dalla Union Carbide come risarcimento danni, solo una misera parte è andata ai familiari delle vittime: meno di 300 dollari a testa. Il resto se lo sono mangiati gli avvocati e il governo indiano.

La Union Carbide ha finanziato una clinica da tre milioni di dollari per curare le persone che ancora si ammalano, un’azione lodevole, ma certamente comoda per la multinazionale che avrebbe speso molto di più per bonificare l’area. Nei pressi della clinica c’è un’altra realtà, l’associazione senza fini di lucro, Sambhavna Trust Clinic, che cura anche 200 ammalati al giorno.

Storie di ieri, storie indiane, storie del quarto mondo, delle colonie, del capitalismo. Prima Bhopal, poi Chernobyl e più recentemente la BP e la marea nera nel Golfo del Messico. A Bhopal il dramma è scoppiato perché costava troppo mantenere in funzione l’impianto di refrigerazione. Nel Golfo del Messico la piattaforma galleggiate presa in affitto costava mezzo milione di dollari al giorno e non si poteva aspettare un giorno in più per le necessarie misure di sicurezza,bisognava estrarre subito.

Le tragedie non insegnano e purtroppo la storia è sempre la stessa: la gente povera muore, non si bonifica perché costa troppo e chi ha causato il disastro non finisce quasi mai in galera. 

Impianti abbandonati della Union Carbide ormai arrugginiti e ricoperti di vegetazione
Una piccola statua per ricordare una grande tragedia
Tra le scritte del murales: "No Hiroshima, No Bhopal we want to live"
La bidonville appena fuori della recinzione sul terreno ancora inquinato

2 commenti:

  1. BUON NATALE!!!!!!!!!
    con questo caldo ci sembra strano...
    anche qui a maniche corte si vede qualche berretto di Babbo Natale

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