La corriera è
stracarica di tutto, anche sul tetto. I nostri bagagli vengono messi nel
corridoio insieme a sacchi di cereali e alcune persone che non hanno posto a
sedere vi si stendono sopra. La strada è pessima, balleremo tutta la notte, con
il collo ancora dolorante per i tre giorni in moto. Visto che non dormo mi
leggo bene la guida, con la pila del cellulare, per organizzare i prossimi tre
giorni. Per prima cosa dobbiamo assolutamente prendere il biglietto del bus +
treno che parte nel pomeriggio del giorno 13 per essere a Bangkok il 14
mattina, dodici ore prima di andare in aeroporto e prendere il volo per
Calcutta (India).
Arriviamo a
Pakse all’alba. Un sidecar ci porta alla guest house più gettonata della città,
quella che ci può dare il massimo delle informazioni. E’ pazzesco, alle 5.30
son già tutti in piedi, qualcuno pulisce a atri fanno i conti. Ci danno molte
informazioni, ma loro non gestiscono i viaggi per la Thailandia, ci mandano ad
una guest house vicina. Alle 6.30 di mattina abbiamo già prenotato i biglietti per
Bangkok e noleggiato la moto per questi tre giorni che passeremo nel delta del
Mekong. L’efficienza laotiana ci stupisce ancora.
Facciamo
colazione e preleviamo ancora dei soldi con il bancomat. In Laos non si possono
prelevare più di un milione di kip alla volta, circa 100 euro, così dobbiamo
“attingere” spesso, ma ogni prelievo costa due euro di commissione qui e tre
nella banca italiana, praticamente un 5% del prelievo viene “donato” nella
transazione. Non è poco.
Finalmente
partiamo con la nostra moto nuova fiammante facendo una pausa nel grande
mercato della città per poi dirigerci 50 km più a sud, verso il Wat Phu di
Champasak, l’antico complesso religioso Khmer costruito in più riprese tra il
VII e il XII secolo. Anche se meno imponente dei templi khmer di Angkor Wat,
nella vicina Cambogia, la sua posizione lungo il Mekong, gli alberi secolari
che sono nati tra le rovine e il fatto di essere abbarbicato sulla montagna, il
monte Kao, gli donano un fascino particolare.
Non è un caso
che sia stato costruito qui: il monte Kao possedeva un particolare significato
religioso in antichità, in quanto la particolare forma del suo picco ricorda il
lingam, ovvero la forma fallica sotto cui viene
sovente adorato il dio Siva. Il
tempio possiede inoltre innumerevoli naga,
mitici serpenti della religione induista e buddista, rappresentati qui da più
teste di serpente affiancate.
Attraversiamo
il calmo Mekong su una lenta chiatta di legno per prendere la statale 13 che in
oltre due ore ci porta ancora più a sud, in corrispondenza dell’arcipelago di
Si Phan Don, le “quattromila isole” situate a cavallo del confine cambogiano.
In questo labirinto di corsi d’acqua particolarmente belli vogliamo visitare
Don Khong, Don Det e Don Kho, le tre magiche isolette orlate di palme e dalle
cui spiagge si può guardare il sole che tramonta sul Mekong. Come sempre, in
Laos la notte arriva troppo presto, ci lascia giusto il tempo di riattraversare
il fiume sulla solita chiatta per rifugiarci nella vicina isola di Don Khong.
Dopo una notte in autobus e un intero giorno in moto sotto un sole impietoso,
una cena a base di pesce ce la siamo proprio guadagnata.
Il tempio khmer di Wat Phu
I naga, mitici serpenti della religione induista e buddhista
Al tramonto un bel tuffo nel Mekong
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