[Malesia] Malacca è una chicca, il suo quartiere
cinese è stupendo e ogni casa è quasi un piccolo museo. Ha moschee dai bianchi
minareti in stile “portoghese” e templi cinesi dove il fumo impregna l’aria e
si banchetta con carne di maiale, forse per fare un dispetto ai vicini
mussulmani. E’ bello sentire il canto del muezzin nella moschea proprio accanto
alla nostra guest house e vedere nello stesso momento, appena fuori dalla porta
della nostra camera, un tempietto cinese tutto illuminato e pieno di frutti
freschi donati agli dei. Dal 2008 questa città è stata inserita dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità.
Malacca è una città, dove tutti, ma
proprio tutti, si sono incontrati, amati e odiati. Ci arrivarono per primi i cinesi
nel 1409, poi i portoghesi come conquistatori nel 1511, facendo di Malacca il
porto più importante del sudest asiatico. Nel 1641 i portoghesi furono cacciati
dagli olandesi che a loro volta furono cacciati dagli inglesi e anche questi
cacciati temporaneamente dai giapponesi nel 1942, finché finalmente nel 1957
arrivò l’indipendenza per la Federazione Malese.
La “palma d’oro” della conquista
spetta sicuramente ai cinesi che nel XV secolo, pur all’apice della loro
potenza e con navi capaci di trasportare fino a 700 persone, non attaccarono il
piccolo porto di Malacca, ma si ingraziarono i regnanti locali portando dalla
Cina 500 ragazze da sposare, tra cui una figlia dell’imperatore: fu un
successo. Proviamo a pensare come si potrebbero copiare l'idea per risolvere le controversie tra
stati adesso: invece di inviare navi piene di armi, magari inviarle piene di
rose, da donare a tutti gli abitanti del paese ostile…
Tutti se ne sono andati da Malacca, lasciandosi
dietro monumenti, chiese, tombe, ricordi, leggende e paure, quelle paure che si
trasformano in credenze e fantasmi, e Malacca ne ha tanti, come tanti sono i
gruppi che la compongono: cinesi, malesi e indiani, tanto per indicare i
principali. I fantasmi più noti sono senza dubbio quelli di due giovani che
ogni sera gli abitanti vedono muoversi tra le mura della vecchia fortezza
portoghese. Lui era un marinaio di Albuquerque, lei una suora. Furono scoperti
a far l’amore e condannati a morte. Lui venne decapitato, lei murata viva, ma
la loro passione continua.
Un altro posto che suda ricordi e
fantasmi è sicuramente la casa tradizionale Baba-Nonya, ora
diventata un museo. Le donne in questa casa si nascondevano dietro gli
elaborati paraventi appena arrivava un ospite, e quando bussava si poteva
aprire una piccolissima botola nel pavimento del piano superiore e vedere chi
stava davanti al portone. Queste botole sono identiche a quelle che si possono trovare tutt’ora in alcune
vecchie case veneziane. Chissà se i cinesi hanno copiato dai veneziani o
viceversa, oppure sia una delle tante coincidenze nella vita dei popoli.
Le chiese di Malacca hanno colori
diversi, ci sono quelle bianche, quelle gialle e quelle dal color ocra. La più
bella è la St Paull’s Church in cima alla collina, costruita da un capitano
portoghese nel 1521. Non ha più il tetto ma domina tutta la città, fino al mare,
conservando ricordi antichi. Proprio qui furono conservate per molto tempo le spoglie
del santo Francesco Saverio, prima che fossero trasportate definitivamente a
Goa.
Malacca è anche piena di localini con
ottima musica, come il Geographer Cafè, ospitato in una shophouse risalente a
prima dell'ultima Guerra Mondiale, oppure quelli lungo i canali, dove si mangia con le luci
rosse della città che si riflettono sull’acqua. Ma il nostro preferito è senza
dubbio il Selvam, un ristorante tipico pieno di gente locale situato proprio all’inizio
del quartiere indiano. I suoi masala dosa
serviti su foglie di banano sono fantastici ed è un ottimo posto dove rifugiarsi dopo le lunghe camminate
sotto il sole, oppure dopo aver visitato i vari musei, come quello Marittimo,
ricavato dentro una vera e propria caravella portoghese ricostruita a grandezza
naturale.
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