[Thailandia] Lasciamo l’isola di Koh Yao Yai dal
molo sud, quello meno turistico, dove per raggiunge la città di Phuket paghiamo
come i locali (140 bath a testa). Arrivati al porto saliamo su degli economici
moto taxi che con soli 20 bath a testa ci portano in cerca dell’albergo dentro
alla città vecchia. Mentre ci guardiamo sulle moto in mezzo al traffico, pieni
di bagagli, con i nostri conducenti che se la ridono per chissà quali discorsi,
facciamo la considerazione che sarebbe impossibile usare questi mezzi se
avessimo dei trolley al posto degli zaini. Dovremmo per forza prendere dei ben
più costosi taxi.
Prima di andare in centro chiediamo ad
entrambe le biglietterie gli orari e quanto costa il traghetto per Koh Phi Phi,
la nostra prossima destinazione. Entrambi ci chiedono 600 bath (16 euro) a
testa, il solito prezzo gonfiato per i turisti. In città scopriremo che le
agenzie vogliono molto meno: 280 bath a testa e ti vengono pure a prendere in
albergo! Di solito, se vai a prendere il biglietto direttamente all’ufficio
finale lo paghi meno, qui invece è l’opposto. Mah!
Inizialmente non volevamo fermarci in
quest’enorme isola altamente turistica, ma visto che abbiamo dovuto transitarci
per proseguire il viaggio, decidiamo di starci un giorno, prendere una moto e
vedere con i nostri occhi perché è così tanto famosa e perché molti la fuggono.
Phuket è stata la prima isola del mar delle Andamane ad essere consacrata al
turismo, le sue spiagge sembra siano belle ma strapiene di turisti, soprattutto
russi, e con grandi grattacieli in cemento che arrivano fino al mare. Sarà
così?
Intanto la città vecchia di Phuket ci
piace, con basse case in stile cinese e molti palazzi lasciati in eredità dalla
colonizzazione portoghese. I bar e le guest house, prevalentemente in legno,
sembrano delle boutique, mentre le vie sono disseminate dei classici
lampioncini di carta rossi. Ci sono diverse caffetterie e locali con cucina
italiana. Ottima la pizza fatta da “Cookes”,
un cuoco thailandese che ha lavorato per dei famosi resort italiani prima di
aprire in città questo ristorante molto apprezzato... anche da noi.
La prima tappa della giornata è il
grande Buddha gigante posto in cima ad una collina dalla quale si ha un’ottima
vista sulla parte meridionale dell’isola. Le grandi spiagge che si vedono in
lontananza sembrano effettivamente piene di ombrelloni e con abitazioni e
palazzi che arrivano a ridosso del mare. Il turismo ha questo effetto ovunque nel
mondo: deforma il paesaggio invadendolo di alberghi e attrazioni turistiche che
lo rendono meno appetibile, ma a questo punto i prezzi si abbassano e le
comitive turistiche vengono fatte confluire in massa, attratte anche da tutto
l’insieme di locali per il divertimento, negozi, SPA e centri di massaggio, che
hanno ben poco a che vedere con la bellezza originale dell’isola, ma così
funziona.
Cominciamo il giro delle spiagge da
Kata Noi e Karon Beach, disseminate di ombrelloni e alberghi con la via principale
che corre posteriormente. Per quanto riguarda l’affollamento sembra di essere a
Jesolo o Rimini, mentre le spiagge sono decisamente belle e l’acqua è
trasparente. L’età media è molto alta. In spiaggia incontriamo una simpatica
famiglia di Milano che viene qui per uno o due mesi all’anno da 25 anni.
Noleggiano un bungalow per 15.000 bath al mese (circa 400 euro, per due
persone) e poi una moto a 125 bath al giorno per potersi muovere liberamente.
Ci dicono che poco più in là c’è una folta “colonia” di italiani che si
ritrovano qui ogni anno. Si capisce così perché scelgono questa spiaggia affollata
invece di quelle solitarie delle isole vicine: condividere la vacanza con altri
e avere qualcuno con cui scambiare due parole, è per molti un piacere.
La tappa successiva è la famosa Patong
Beach, spiaggia del divertimento sfrenato, della prostituzione e degli alberghi
più brutti. Da evitare secondo i signori milanesi, perché si possono trovare i
preservativi anche sulla sabbia; ma noi non abbiamo notato niente di diverso
dalle altre spiagge, anche se probabilmente di sera tutto si trasforma.
Non riusciamo a fare il bagno in
questi posti, troppa confusione, ma dicono che più a nord ci siano dei posti
carini. Continuiamo con la nostra moto verso Kamala Beach, dove visitiamo anche
lo Tsunami Memorial, poi Surin Beach e finalmente poco prima di arrivare alla
Naithon Beach, vicino all’aeroporto, troviamo la piccola e splendida Banana
Beach, una piccola spiaggia con soli quattro ombrelloni e pochissima gente.
Facciamo finalmente il bagno nell’acqua trasparente di Phuket, contemplando dal
mare gli alberi di cocco e le mongrovie, sotto un cielo che sembra anche più blu.
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Con la moto giriamo l'isola |
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I bar sulla spiaggia |
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Banana Beach, la nostra spiaggia preferita... |
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...dove fare un bagno sull'acqua azzurra |
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La città vecchia in stile portoghese |
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