[Malesia] A malincuore dopo quattro giorni lasciamo Georgetown per
raggiungere le Cameron Highlands, la stazione collinare più importante della
Malesia, famosa per le sue piantagioni di tè, introdotte per la prima volta nel
1929 da J. A. Russel, un magnate dell’epoca. Saliremo col bus fino a 1500
metri, con temperature decisamente più accettabili dei 35 gradi di questi
giorni, che ci costringevano a fare la siesta pomeridiana insieme gli abitanti
del luogo, persino il cibo scarseggiava fino alle cinque.
Per arrivarci potevamo prendere un pulmino turistico con
tanto di aria condizionata e vetri oscurati che ci avrebbe fatto arrivare a
destinazione nel pomeriggio, ma la soluzione ci sembrava “troppo semplice”:
cosa si vede della Malesia in questo modo? Il mezzo comodo e veloce si prende
solo se non c’è alternativa, altrimenti meglio optare per i lenti e
scricchiolanti bus locali, dove ogni chilometro racconta storie di gente e di
luoghi. Inoltre, volevamo fermarci a Kuala Kansar, la capitale reale della
Malesia, per visitare la Moschea Ubudiah, con il tetto a forma di cipolla, che
tanto ci era piaciuta molti anni fa, e sbirciare dall’esterno l’opulento
Palazzo Reale del sultano Perak.
Così, dopo un traghetto, cinque autobus e 12 ore di
viaggio, arriviamo infreddoliti e con il buio a Tanah Rata, nel centro delle
Cameron Highland. Fatichiamo a trovare una stanza economica decente, che non
sia un tugurio cinese senza finestre, ci salva un convincente (mal) travestito,
che ci offre una stanza con bagno in comune nel suo albergo.
L’indomani facciamo una bellissima camminata di sette ore
lungo il sentiero indicato con il numero 1, arrivando fino ai 2031 metri di
quota del Gunung Brinchang, attraverso tratti di giunga relativamente incontaminata
e arrampicandoci “come Tarzan” alle radici di alberi giganteschi, l’unico modo
per riuscire a salire lungo i sentieri ripidi e fangosi. Paola ha rotto
completamente i pantaloni e per tornare a casa ha dovuto mettersi il pile a mo’
di gonna, in modo da non scandalizzare con le sue gambe i mussulmani più
integralisti.
Scendiamo lungo la strada carreggiata di sette km
godendoci lo spettacolo delle verdissime piantagioni di tè che si perdono
all’infinito. Sono tante piccole piante messe una a ridosso dell’altra,
lasciando solo dei corridoi ogni due metri per permettere la raccolta manuale
delle foglie. Le piante vengono tenute all’altezza di 70/80 cm potando i rami
più grossi, in questo modo il tronco diventa sempre più grosso e ognuna
assomiglia ad un bonsai.
I raccoglitori sono prevalentemente indiani che vivono in
tristi villaggi moderni con tetti in lamiera e raccolgono le foglie con
speciali forbici simili a quelle dei giardinieri, ma con due ali di cartone
incollate alle lame, in modo che le foglie tagliate si fermino sulla forbice il
tempo necessario per alzarla oltre le spalle e scaricarne il contenuto in una
gerla di vimini tenuta sulle spalle. Siamo rimasti tantissimo ad osservarli,
incantati dall’abilità e dall’eleganza di chi fa quel lavoro da una vita, in
silenzio, con il solo rumore delle lame che cercano le foglie più tenere,
quelle che rendono il tè più importante.
Australia
Dopo aver ottenuto facilmente il visto australiano con la
domanda on-line, oggi abbiamo comprato il volo da Singapore a Sydney per il 31
marzo. Ci fermeremo in Australia circa un mese durante il quale, se possibile,
faremo un giro in camper con i nostri amici Katia e Mauri… riusciremo a non farci spennare?
Le foglie più tenere sono quelle che rendono il tè più importante
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Le verdissime piantagioni di tè si perdono all'infinito
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Il raccoglitore di tè con le sue particolari forbici
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La maestosa farfalla tropicale Raja Brooke
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Il sentiero per salire al Gunung Brinchang
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