giovedì 14 marzo 2013

Nelle piantagioni di tè delle Cameron Highlands

[Malesia]  A malincuore dopo quattro giorni lasciamo Georgetown per raggiungere le Cameron Highlands, la stazione collinare più importante della Malesia, famosa per le sue piantagioni di tè, introdotte per la prima volta nel 1929 da J. A. Russel, un magnate dell’epoca. Saliremo col bus fino a 1500 metri, con temperature decisamente più accettabili dei 35 gradi di questi giorni, che ci costringevano a fare la siesta pomeridiana insieme gli abitanti del luogo, persino il cibo scarseggiava fino alle cinque.

Per arrivarci potevamo prendere un pulmino turistico con tanto di aria condizionata e vetri oscurati che ci avrebbe fatto arrivare a destinazione nel pomeriggio, ma la soluzione ci sembrava “troppo semplice”: cosa si vede della Malesia in questo modo? Il mezzo comodo e veloce si prende solo se non c’è alternativa, altrimenti meglio optare per i lenti e scricchiolanti bus locali, dove ogni chilometro racconta storie di gente e di luoghi. Inoltre, volevamo fermarci a Kuala Kansar, la capitale reale della Malesia, per visitare la Moschea Ubudiah, con il tetto a forma di cipolla, che tanto ci era piaciuta molti anni fa, e sbirciare dall’esterno l’opulento Palazzo Reale del sultano Perak.

Così, dopo un traghetto, cinque autobus e 12 ore di viaggio, arriviamo infreddoliti e con il buio a Tanah Rata, nel centro delle Cameron Highland. Fatichiamo a trovare una stanza economica decente, che non sia un tugurio cinese senza finestre, ci salva un convincente (mal) travestito, che ci offre una stanza con bagno in comune nel suo albergo.

L’indomani facciamo una bellissima camminata di sette ore lungo il sentiero indicato con il numero 1, arrivando fino ai 2031 metri di quota del Gunung Brinchang, attraverso tratti di giunga relativamente incontaminata e arrampicandoci “come Tarzan” alle radici di alberi giganteschi, l’unico modo per riuscire a salire lungo i sentieri ripidi e fangosi. Paola ha rotto completamente i pantaloni e per tornare a casa ha dovuto mettersi il pile a mo’ di gonna, in modo da non scandalizzare con le sue gambe i mussulmani più integralisti.

Scendiamo lungo la strada carreggiata di sette km godendoci lo spettacolo delle verdissime piantagioni di tè che si perdono all’infinito. Sono tante piccole piante messe una a ridosso dell’altra, lasciando solo dei corridoi ogni due metri per permettere la raccolta manuale delle foglie. Le piante vengono tenute all’altezza di 70/80 cm potando i rami più grossi, in questo modo il tronco diventa sempre più grosso e ognuna assomiglia ad un bonsai.

I raccoglitori sono prevalentemente indiani che vivono in tristi villaggi moderni con tetti in lamiera e raccolgono le foglie con speciali forbici simili a quelle dei giardinieri, ma con due ali di cartone incollate alle lame, in modo che le foglie tagliate si fermino sulla forbice il tempo necessario per alzarla oltre le spalle e scaricarne il contenuto in una gerla di vimini tenuta sulle spalle. Siamo rimasti tantissimo ad osservarli, incantati dall’abilità e dall’eleganza di chi fa quel lavoro da una vita, in silenzio, con il solo rumore delle lame che cercano le foglie più tenere, quelle che rendono il tè più importante.

Australia
Dopo aver ottenuto facilmente il visto australiano con la domanda on-line, oggi abbiamo comprato il volo da Singapore a Sydney per il 31 marzo. Ci fermeremo in Australia circa un mese durante il quale, se possibile, faremo un giro in camper con i nostri amici Katia e Mauri… riusciremo a non farci spennare?


Le foglie più tenere sono quelle che rendono il tè più importante

Le verdissime piantagioni di tè si perdono all'infinito

Il raccoglitore di tè con le sue particolari forbici

La maestosa farfalla tropicale Raja Brooke

Il sentiero per salire al Gunung Brinchang 

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