[India] Lasciamo la fiera di Pushkar, la confusione, le giostre,
i saltimbanchi, il circo (ma c’era proprio bisogno di un circo nel circo?), i
venditori, i cantastorie, i cavalli bianchi, i cammelli con le loro acconciature,
i cammellieri con turbanti costruiti con una fascia lunga ben nove metri e le
tende dei nomadi, dove le donne cucinano mentre gli uomini parlano di affari.
Ci invitano a sedersi sui loro tappeti per bere un chai,
condividere il buonissimo chapati cotto sullo sterco di cammello, scambiarsi
parole incomprensibili ma piene di amicizia, perché l’ospitalità, per un nomade,
va oltre le lingue, oltre le paure.
Mi ricordo al riguardo le belle parole di Moni Ovadia,
cultore appassionato e sostenitore dell’esilio, e del nomadismo, come unica
vera condizione di splendore dell’essere umano. I luoghi – dice – che
richiamano un’appartenenza, che evocano forme di passione, possono sconfinare
nel nazionalismo, per cui rivendichi a te e cerchi di escludere gli altri, mentre
l’esilio ti porta a vedere l’altro come tuo simile.
La Bibbia inizia con un assassinio ed è il sedentario che
uccide il nomade, Caino uccide Abele, così come nella fondazione di Roma è il
fratello sedentario che uccide l’altro. Caino e Romolo si assomigliano. E’
l’appartenenza che crea il problema, il culto dell’esilio sarebbe in qualche
modo più pacificante, perché tutti sono uguali.
Il vero nomade - dice ancora Ovadia - è colui che riesce
ad amare tutte le patrie e avere nostalgia di tutto il resto del mondo, in
qualunque luogo della Terra si trovi. C’è un unico modo di vivere la santità,
quello di essere straniero tra gli stranieri.
Ugo
da San Vittore, mistico della scuola di San Bernardo di Chiaravalle, diceva:
Chi ama la propria patria è un tenero
dilettante;
chi ama tutte le patrie si è incamminato
su una via interessante;
ma solo è perfetto chi si sente
straniero in ogni luogo.
Ritorno a Varanasi
Non è stato facile trovare i biglietti del treno di
ritorno, esauriti ormai da mesi. Abbiamo dovuto ricorrere alla quota garantita
Tatkal, pochissimi posti in vendita dalle 10 del giorno prima. Ci siamo messi
in coda due ore prima e siamo stati fortunati: due cuccette “upper”, le
migliori per dormire tranquilli, per 450 rupie a testa (meno di 7 euro), con
partenza alle 20 del sabato e arrivo alle 15 di domenica, 19 ore per 1200 km.
L’alternativa sarebbe stata una serie di autobus stressanti e poco sicuri che
ci avrebbero fatto arrivare ben più tardi.
Nove
metri di stoffa per il turbante di questo nomade
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Muso da cammello
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Un
bel culo a fiori
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Ritorno
in treno a Varanasi
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ciao ragazzi!
RispondiEliminabella l'immagine di Pushkar e la fiera, la gente, la condivisione, il pane, e... tutto!
il vostro, non è "solo" il racconto di un viaggio.
forse è per questo che continuo a leggervi.
ancora non so perchè non perdo un giorno,
in fondo non vi conosco nemmeno..
so solo che accade.
ciao! ciao!
susanna