venerdì 30 novembre 2012

Passeggiata solitaria

[India]  La scuola di Valentino si trova ai margini del paese di Sarnath. Oltre, lo sguardo si perde sulle file degli alberi di mango, sui campi coltivati e sui piccoli villaggi da cui ogni tanto escono animali ed esseri umani. Nelle aule del primo piano mi fermo spesso a contemplare questo mondo silenzioso e lento, illuminato dal limpido sole del mattino. Una donna zappa il terreno avvolta nel suo sari colorato con un movimento regolare che mi ricorda il ticchettio di un orologio: tic, tac, tic, tac, tic, tac… mentre in lontananza un uomo vestito di bianco e con un bastone in mano conduce un bufalo pieno di fango verso la propria casa.

Oggi avevo del tempo libero e invece di chiudermi come sempre in biblioteca a studiare sono uscito dal cancello posteriore, verso i campi, su sentieri quasi inesistenti, dove la vita prende la forma della terra e il tempo si ferma, aspettando che passi qualcuno. Quasi tutti i contadini dei villaggi lavorano con i fiori, che poi rivendono al mercato cittadino. Le donne li raccolgono senza gambo, staccandone la parte finale e mettendoli dentro il vano creato alzando una falda della gonna. Mi guardano, sorridono, e mi chiedono di scattare loro una foto, correndo poi verso di me per rivedersi sullo schermo della macchina fotografica.

Dopo poche centinaia di metri raggiungo il piccolo villaggio di Singpur, le mura delle case sono ricoperte di sterco, che funziona da antisettico, talvolta dipinte di bianco, con graziosi disegni, soprattutto vicino alle porte. Intorno al pozzo centrale alcune donne stanno lavando i panni, mentre chiacchierano a voce bassa. Poco distante, dietro un muro che li ripara dal sole, una giovane maestra sta insegnando l’alfabeto ad alcuni bambini, sono tutti sono seduti per terra, non hanno quaderni, ma piccole lavagne su cui scrivono con il gesso. Intorno, solo mucche, polvere, sterco e alcuni bambini che giocano con gli aquiloni.

Speso le stanze delle case si confondono con la stalla, gli animali fanno parte della famiglia, un po’ come succedeva da noi fino alla metà del secolo scorso e le mattonelle di letame vengono fatte essiccare intorno ai tronchi degli alberi, invece che sui muri, creando piacevoli movimenti geometrici. Degli uomini m'invitano a prendere un the insieme a loro, ma è tardi, devo tornare in classe. Appena lascio le case scivolo nel fango e mi chiedo come possano i bambini della scuola apparire sempre così puliti e ordinati nei loro vestiti, vivendo in queste condizioni. Miracoli di povertà.

Mi sono perso e devo cercare più volte la giusta direzione chiedendo della Universal School, loro replicano sicuri: “Luigina’s school” (Luigina è la partner di Valentino nel progetto Alice, a differenza di lui vive in Italia, ma viene qui ad insegnare per quattro mesi all’anno). Sorrido dentro di me, pensando a come sia importante per tutto questo mondo la realtà di questa scuola.

Durante gli ultimi passi medito sulla bellezza, sulla serenità di questi posti e sul fatto che sono solo una costruzione della mia mente. Un’altra persona, pur vedendo le stesse cose, potrebbe percepirle in modo completamente diverso. Qual è la visione giusta, qual è la verità? Forse non esiste, come dice Valentino, perché tutto ciò che vediamo è solo un’idea che ci siamo costruiti: noi non siamo i nostri pensieri e i nostri pensieri non siamo noi... "Lascia che se ne vadano così come sono arrivati, non farti catturare da loro, non fermarli, se non vuoi che diventino un'ossessione e s'impadriniscano di te."
Prime lettere nel villaggio
Cacche in vista...
I muri delle case sono ricoperte di sterco e poi disegnate

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