[India] Mumbai, l’ex Bombay, la città più ricca dell’India ha anche il primato delle baraccopoli. Una delle più famose è Dharavi, lo slum a pochi chilometri dal centro, brulicante di un milione di anime, dove in 30 metri quadrati possono vivere anche 15 persone e un numero imprecisato di topi.
Dharavi è normalmente conosciuto come “il più grande slum
dell’Asia” o “la più grande baraccopoli del mondo”, ma non è vero. Il barrio Neza Chalco-Itza di Città del
Messico ha il quadruplo degli abitanti e la Township
Orangi a Karachi, in Pakistan, lo ha ormai superato in estensione. Anche nella
stessa Mumbai, che conta ormai 12 milioni di abitanti, si sono ultimamente sviluppati
degli slums che si contendono il primato per dimensioni e squallore.
Tuttavia Dharavi rimane unica tra le baraccopoli perché è
praticamente nel cuore della città, perché si estende su soli 1,7 kmq, ma
soprattutto perché è economicamente autonoma, con 5.000 grandi imprese
commerciali e oltre 15.000 a conduzione familiare. Attività che spesso si
svolgono dentro le abitazioni stesse, talvolta sul marciapiede o sul tetto.
Per arrivarci abbiamo preso il treno locale, una sorta di
metropolitana che risale tutta la città, fermandoci a Mahim, dopo solo mezz’ora
di viaggio. La fermata si annuncia con un ultimo tratto di ferrovia pieno di
baracche, panni stesi ad asciugare e bambini che giocano a cricket sui binari.
Una volta usciti dalla stazione, siamo saliti sul ponte pedonale rialzato qualche
centinaio di metri più avanti ed eravamo già dentro la baraccopoli. Dall’alto,
prima di scendere nei vicoli pieni di immondizia e liquami, la vista si perde
sulla distesa di tetti in lamiera e teloni di plastica neri, con una grande
scritta che campeggia ironica su una delle prime baracche: “Welcome”.
Le strade brulicano di carretti che trasportano merci e
di persone che invece le portano sulla testa per riuscire a passare tra le
strette vie. Siamo nel quartiere più attivo, quello del riciclo. Buona parte
dei rifiuti di Mumbai finiscono qui per essere lavorati e divisi: carta, plastica,
metallo e fili elettrici bruciati lungo la via per eliminare la plastica che li
avvolge. Tutti i liquidi che vengnono prodotti dalle varie attività si
riversano sulle vie, perché Dharavi è privo di fogne. Il 90% delle case è
abusivo e molte sono senz’acqua, tanto che le donne devono percorrere anche
centinaia di metri per andarla a prendere, in poche ci sono i servizi igienici
e c’è un gabinetto pubblico ogni 1700 abitanti circa, così molti la fanno
all’aperto, con alcune vie in cui c’è un forte odore di urina e piene di feci
umane ai lati.
Prima della fine del XIX° secolo Dharavi era un’isola di
mangrovie e paludi, abitata dai pescatori Koli che dovettero smettere la loro
attività quando fu creata una diga più a nord che prosciugò la zona. Col tempo
cominciarono ad arrivare i migranti dalle varie aree dell’India carichi della
loro esperienza: i vasai dal Gujarat, i conciatori dal Tamil Nadu e i
ricamatori dall’Uttar Pradesh. Un brulicare di attività che ha reso questa
baraccopoli economicamente autonoma e con un giro d’affari importante per
l’economia di Mumbai. Tutti qui fanno qualcosa, a parte i bambini che giocano
tra le montagne di rifiuti da riciclare. Un tessitore ha voluto che visitassimo
la sua baracca piena di telai, mentre sua moglie stava cucinando il ciapati sul
marciapiede, e un sarto insisteva per farci un vestito con poche rupie. Tutti
orgogliosi del loro business.
Ci sono stati vari progetti governativi, anche con la
collaborazione di famosi architetti, per cercare di riqualificare quest’area,
ma poco è stato risolto. Alcuni grattacieli, costruiti per spostare gli
abitanti di Dharavi, sono visti con scetticismo. La gente non vuole lascare il
micro mondo fatto di convivenze strette e solidarietà: “Qui se ti ammali trovi sempre qualcuno che ti aiuta – dice un
signore che parla bene inglese – mentre
in quelle case saremmo soli”. Ma il problema è soprattutto un altro, nello
slum gli affitti costano poco e non ci
sono i servizi da pagare, a parte l’energia elettrica che ormai è arrivata in
quasi tutte le baracche. Mentre nei grattacieli, che loro chiamano “slum verticali”, avrebbero costi molto
più alti e se l’acqua non dovesse arrivare, come succede in alcuni palazzi costruiti
anni fa e lasciati senza manutenzione, bisognerebbe scendere un’infinità di
scalini per andarla a prendere. Tutto sarebbe come prima.
Lasciamo dopo tre ore questo triste mondo fatto di
persone sorridenti e piene di dignità, dove nessuno ci ha mai chiesto soldi o
caramelle, dove i bambini fanno le comparse nei numerosi film e documentari
girati tra queste vie, come il famoso “The
Millionaire”, e poi tornano tranquillamente a giocare tra i rifiuti. La
dignità della povertà è una lezione che non abbiamo ancora imparato, malgrado i
tre mesi passati in India.
Il benvenuto all'ingresso di Dhalavi |
Lui ha fatto la fine del topo |
Una delle vie principali |
Si prepara il ciapati in mezzo ai bidoni |
Le vie sono strette e piene di piccole attività |
La plastica è pronta per essere frantumata |
Bell'articolo!!
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