Usciti dall’aeroporto siamo assaliti dai tassisti che
chiedono12$ per arrivare in centro, non se ne parla proprio. A dispetto della
Lonely che consiglia il taxi ci mettiamo sulla strada per capire se passa
qualche mezzo più economico. Mhatt, un ragazzo canadese che stava salendo su un
taxi, vedendo la nostra determinazione si è unito a noi, alla fine prendiamo il
taxi fino alla prima fermata del bus, a circa 2 km, e arriviamo in centro
pagando in tutto solo 50 cent di euro a testa!
Il bus va a velocità pazzesca, la gente sale e scende
quando è praticamente ancora in corsa. Non ci sono sedili ma solo una stretta
panchina di legno laterale per tutta la lunghezza, dove ci sediamo tenendoci
aggrappati per non finire fuori dal bus. Le donne hanno sulle guance delle
evidenti strisce di crema gialla che serve per proteggersi dal sole, alcune
hanno dei fiori puntati sui capelli. Quasi tutti gli uomini portano un lungo
pareo dai vari colori annodato in vita e le ciabatte infradito. Dei monaci con
la loro tunica bordoux sono invece a piedi nudi.
Al centro della città c’è il Sule Paya, un tempio d’oro
vecchio di 2000 anni circondato da edifici governativi e negozi che mettono
ancora più in risalto la sua bellezza. Si trova nel bel mezzo di una rotatoria
dove confluiscono le quattro strade principali. Cerchiamo una sistemazione ma
tutto è già pieno o con prezzi molto alti. Questa è l’alta stagione per il
turismo in Birmania e sarà il problema di tutto il viaggio. Mentre cerchiamo
“casa” giriamo un po’ tra i viali costeggiati da edifici coloniali, imponenti
palazzi vittoriani, pagode, moschee, chiese, templi cinesi e induisti, affascinati
da questo misto di costruzioni di diversi stili.
Troviamo posto su una guest
house al quarto piano di un vecchio edificio al buon prezzo di 15$, con bagno
in camera ma senza colazione. La reception, con un vecchio divano e poltrone un
po’ retrò, si affaccia su una via principale e dal lungo terrazzino si può
sbirciare la vita del quartiere.
Siamo decisamente stanchi per non aver dormito niente la
scorsa notte, a parte l’ora di volo, ma andare a letto adesso vuol dire perdere
la giornata. Con grande fatica iniziale cominciamo a fare un giro per la città
andando verso il Bogyoke Market un grande edificio che contiene quasi duemila
negozietti. Sulle bancarelle della strada ci facciamo della frutta. ananas e
anguria, che mi ricorda la Grecia.
Prendiamo il bus, aiutati dai locali per capire la
direzione e i numeri indecifrabili, e andiamo a vedere il Buddha disteso di
Chaukhtatgyi, lungo 70 metri, con diamanti e pietre preziose incastonate sulla
sua tunica dorata. Penso sia davvero il più bel Buddha che abbia mai visto:
bianco lucido, da sembrare di marmo, e con ciglia lunghissime che esprimono il
suo nirvana. Quasi di fronte, al Ngahtatgyi Paya, c’è un altro bel Buddha,
anche questo molto grande, ma nella posizione seduta, contornato da pregiate
incisioni in legno. I fedeli cantavano e suoni di piccoli gong creando una bella
atmosfera. Con i due Buddha ci siamo ripresi, non sentiamo più la stanchezza e
il sonno di prima.
Per cenare andiamo al quartiere cinese dove la sera le
strade si riempiono di banchetti con cibo vario, dalla carne, al pesce, ai
vermi. Noi abbiamo provato un piatto con del riso di tre colori diversi, anche
se abbiamo ancora il dubbio che quello nero non fosse proprio riso!
Torniamo a
piedi alla nostra guest house, passando davanti al dorato Sule Paya, sempre
pieno di fedeli, ma anche di negozietti ai lati, come quelli adibiti alla
lettura della mano, costa solo due euro farsela leggere…forse, forse domani.
Fatta la doccia neanche il tempo per asciugarmi, ero già addormentata.
Il Buddha disteso di Chaukhtatgyi, lungo 70 metri... |
...e il suo sguardo in nirvana |
La sala di meditazione di un centro buddhista con le zanzariere per non essere disturbati dal ronzio |
Laboratorio per i vestiti dei monaci |
Anche loro hanno un bel da fare |
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