domenica 23 settembre 2012

I funerali a cielo aperto di Litang


[Cina]  Ieri mattina, dopo solo tre ore di sonno, siamo andati alla stazione degli autobus di Kanding sperando di prendere l’unico bus delle 6 per Litang, niente da fare, è stato sospeso. Subito ci offrono un passaggio in una grande jeep da sette posti con un prezzo  triplo rispetto al bus, trattiamo per 250 yuan a testa, un turista poi ci dirà che ne ha pagati 200, è così, c’è sempre chi paga meno di te. Dovevamo arrivare in 6 ore, invece ne abbiamo impiegate 13 per percorrere 290 km di strada sterrata e piena di fango, una velocità da ciclisti. Il viaggio è stato durissimo, sballottati da una parte all’altra della jeep con colpi alla testa e alla schiena e con le mani sempre attaccate ai sedili. Abbiamo valicato diversi passi il più alto dei quali a 4730 metri, con gli yak padroni assoluti del territorio. 

Ne è valsa la pena. Litang è una bella città tibetana, ancora più originale di molte città che abbiamo visitato in Tibet: paradossalmente i cinesi hanno distrutto i villaggi tibetani in Tibet e li hanno lasciati quasi inalterati in Cina. In albergo chiediamo informazioni sullo strano rito dei funerali a cielo aperto che avvengono in una collina vicina, di cui anche Tiziano  Terzani ne parla nel suo libro “La porta proibita”. Ci rispondono che la domenica non ci sono, ma non potendo rimanere qui un altro giorno proviamo comunque ad andarci. Quando siamo arrivati il rito stava per cominciare e quello che abbiamo visto è stata una delle cose più impressionanti di tutto il viaggio.  

Dopo il funerale siamo andati al monastero attraversando a piedi un villaggio fatto di case con mattoni contornati di bianco e mura di cinta coperte da piccoli fiori gialli. All’esterno delle case, attaccato al muro, viene messo ad essiccare lo sterco di yak usato per cucinare e riscaldare, si capisce che è secco dal fatto che si può staccare facilmente.

Arriviamo al monastero dell’ordine dei “Berretti Gialli” in tempo per assistere ad una cerimonia con tanto di tromboni e “orchestra”, in cui la morte, rappresentata da uno scheletro con la testa di cera, viene gettata sul fuco da un monaco bendato. Saliamo sul tetto per contemplare la città e le colline intorno, tutte più alte del nostro Monte Rosa… è stata decisamente una giornata indimenticabile.

I funerali a cielo aperto di Litang
Il drappo bianco viene tolto dal corpo mentre il tomden (un maestro di cerimonie religiose) affila il suo grande coltello. Fa un giro intorno a un piccolo monumento buddhista recitando mantra e poi comincia a tagliare a pezzi il corpo disteso sulla lastra di pietra. La carne viene tagliata in grossi pezzi, mentre le ossa e il cervello vengono frantumati e mischiati con farina d'orzo.

L'odore della carne attira un gran numero di avvoltoi che sorvolano impazientemente sul cadavere. Alla fine il tomden si fa da parte e i giganteschi uccelli scendono a terra impazziti dalla fame, divorano il corpo e lo trasportano in cielo a pezzetti.

Il funerale a cielo aperto (tianzàng) è un'antica tradizione funeraria del buddhismo tibetano che svolge una funzione sia spirituale che pratica. Secondo le credenze tibetane, infatti, il corpo è un semplice veicolo che permette di compiere il viaggio della vita; con la morte lo spirito lo abbandona e di conseguenza diventa inutile. Lasciare il proprio corpo in pasto agli avvoltoi è un atto finale di generosità nei confronti della natura e crea un legame con il ciclo della vita. Gli stessi avvoltoi sono venerati e considerati una manifestazione del dio Dakinis, che si ciba di carne.

Dal punto di vista pratico questo tipo di funerale è un sistema perfettamente ecologico per sbarazzarsi dei cadaveri, in una zona in cui c'è poca legna e spesso il terreno è indurito dal gelo.

Negli anni '60 e '70 i cinesi vietarono i funerali a cielo aperto. Fu solo negli anni '80, quando i tibetani riacquistarono limitati diritti religiosi, che vennero di nuovo legalizzati. Comunque la maggior parte dei cinesi di razza han considera questi riti funebri una pratica primitiva.

A Lhasa i turisti devono essere in possesso di un permesso speciale per poter assistere ai funerali a cielo aperto, invece nelle zone più remote del Sichuan è possibile partecipare, ma non è possibile scattare fotografie.

Un fuoripista per non rimanere bloccati nel fango.
Sterco di yak lasciato essiccare
sulle mura esterne delle case.
 
Funerale a cielo aperto,
centinaia di avvoltoi attendono intorno al corpo. 

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