[Uzbekistan] Fino a tutto il XIX secolo
il nome di Khiva incuteva paura a tutti ed evocava immagini di crudeltà
barbariche e terribili viaggi attraverso deserti e steppe infestati da tribù
selvagge.
Il centro storico è oggi
così ben conservato e tranquillo che si fatica a credere che questa città fosse
il centro asiatico del commercio di schiavi, alla pari di alcune città
africane. Nel 1592, diventata capitale dello stato di Corasmina, Khiva avviò un
fiorente mercato di esseri umani che per più di tre secoli ne segnò il suo
destino. La maggior parte degli schiavi erano portati qui dalle tribù turkmene
(mamma mia cosa ho rischiato in Turkmenistan!) del deserto del Karakum dove
rapivano gli sventurati che vivevano o viaggiavano in quelle zone. (…aveva ragione
mamma, dovevo stare a casa).
La città è indubbiamente
carina, un museo cinto da mura possenti, con gente accogliente e bambini che ti
corrono incontro a piedi nudi su mattoni ardenti. Oggi eravamo seduti ad un
tavolo con la solita anguria in due ed un signore ci ha offerto due coppe di
gelato. Era così buono che ce ne siamo fatti altri quattro!
Secondo la leggenda Khiva fu
fondata da Shem, figlio di Noè, che scavò un pozzo in questa zona. Il pozzo si
trova (siamo tutti certi che è proprio quello!) nel cortile di una casa
dell’VIII secolo.
I palazzi sono pieni di bellissime piastrelle bianche e blu. Particolare è la presenza, nei cortili interni,
di spazi rotondi che servivano da base per le yurte che i khan continuavano ad
usare nonostante avessero abbandonato il nomadismo.
Khiva dà il meglio di sé la
sera, quando restano accese le poche luci che illuminano i minareti e le
medresse e i vicoli tortuosi sprigionano una certa magia. Il cielo è pieno di
stelle e anche dentro la città si riesce a vedere la Via Lattea
e qualche stella cadente. Dal terrazzo della nostra guest house si ha una vista
a 360 gradi sulla cittadella contornata dalle mura, in un angolo il gestore e
la sua famiglia stanno dormendo al fresco. Noi, invece, siamo in camera con l’aria
condizionata… e senza stelle. Paola ricorda che, nella notte nel deserto, ogni
volta che vedeva una stella cadente esprimeva sempre lo stesso desiderio: “speriamo di ritrovare la strada del ritorno!”.
Khiva: una moschea all'aperto con splendide piastrelle bianche e blu.
Il soffitto è rosso, arancione e oro.
Khiva: le possenti mura di fango lunghe 2,5 km.
Khiva: un cortile interno con lo spazio rotondo per la yurta.
Khiva al tramonto
Ciao Paolinaaaaaa!!!!
RispondiElimina....ma x spendere poco dal parrucchiere non serviva fare così tanta strada!!!
Baciiiii!!!
Laura
mi ero ripromessa di non scrivere, non vorrei essere io, l'invadente (oltretutto nemmeno ci conosciamo) ma.. non riesco.. e così, vi scrivo ancora:
RispondiEliminamamma mia, che bei posti! che viaggio!!
susanna
ma qua ho provato il brivido...vuoi mettere se mi dovevo fare pelata?
RispondiEliminasmak
Susanna, quando ci scrivi ci fa solo piacere e poi sei amica di una nostra amica e magari...diventi nostra amica.
RispondiEliminaPaola